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Quando a Enas arrivò il primo televisore - di Bruno Cleriti

Quando a Enas arrivò il primo televisore - di Bruno Cleriti
Quando a Enas arrivò il primo televisore - di Bruno Cleriti
Patrizia Anziani

Pubblicato il 30 September 2018 alle 11:22

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Verso la fine degli anni Cinquanta (non ricordo esattamente l’anno) a casa di mia zia Giovanna Masia, moglie di Minnìu, arrivò il primo apparecchio televisivo di Enas. Il fatto destò grandissimo interesse e curiosità in tutta la frazione, sia a Enas Manna che a Enas Minori: c’era chi non aveva mai visto un televisore, neanche spento. Durante le notti estive l’intera popolazione si riversava nell’abitazione di Minnìu per vedere le trasmissioni del Primo Canale, l’unico allora disponibile, soprattutto Lascia e raddoppia di Mike Bongiorno, seguita da tutti con grande partecipazione.

Quelli che nel salotto stipato all’inverosimile, dove il televisore troneggiava massiccio, non potevano più essere accolti, si accalcavano all’unica finestra, lasciata aperta, in una sorda e incessante competizione di teste e braccia che tentavano di prevalere le une sulle altre. Tuttavia, l’apparecchio non era di proprietà: il costo dell’elettrodomestico, allora esorbitante, non era certo alla portata di Minnìu. Pertanto fu preso a noleggio, ma un noleggio assai particolare: era dotato di una gettoniera in cui si doveva introdurre una moneta da cento lire; il televisore funzionava per un’ora esatta, dopodiché, se non si inseriva un’altra moneta, sul più bello si spegneva inesorabilmente, quasi fosse una divinità capricciosa e insaziabile che richiedeva ai suoi adoratori continui e sanguinosi sacrifici. Quando questo accadeva, sconcerto e delusione si dipingevano sui volti degli astanti, fino a quando una voce emergeva dal brusìo scontento, scandendo la fatidica domanda, quella che tutti temevano: “Cal’è chi poni li centu franchi?”.

A quel punto, lentamente, il locale cominciava a svuotarsi; molti se ne andavano accampando vaghe ragioni familiari o di lavoro. Finché qualcuno, che a nessun costo voleva rinunciare al domandone finale del Mike nazionale, a malicuore e come se gli stessero estraendo un molare senza anestesia, tirava fuori le cento lire da qualche recondito taschino, e si poteva riprendere la visione. In men che non si dica il locale si riempiva nuovamente; alcuni di coloro che con fatica si sporgevano dalla finestra ne approfittavano per guadagnare una posizione più comoda all’interno, e si vedeva anche riapparire qualcuno di quelli che erano andati via poco prima per irrinunciabili e improrogabili motivi.

Il nuovo gradito ospite di OLBIAchefu è Bruno Cleriti classe 1952, padre veneto e madre sarda, Tempiese per 4 anni, poi Olbiese fino a 41, ora Sassarese ("accudiddu", come si dice nella capitale del Capo di Sopra), padre di Eleonora, 21 anni, studentessa all'Accademia di Belle Arti "Sironi" di Sassari. Titolare di Grafimedia, studio grafico, è in pensione da poco, ma non riesce a smettere di lavorare. Ha un'età in cui si comincia a guardare al passato, e il brano qui riportato ne è un esempio: uno sguardo diverito e un po' nostalgico su un tempo in cui si iniziava a uscire dalla povertà e si credeva, forse ingenuamente, a un futuro finalmente più sereno per tutti.