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Cronaca

Porto Cervo, convegno Cisl: il Governo intervenga sui "nuovi schiavi"

Porto Cervo, convegno Cisl: il Governo intervenga sui
Porto Cervo, convegno Cisl: il Governo intervenga sui
Angela Galiberti

Pubblicato il 04 June 2014 alle 16:43

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Olbia, 04 Giugno 2014 - Guadagnano poco più o poco meno dello stipendio minimo, lavorano molte più ore rispetto a quelle previste dal contratto, ma a loro sembra di essere quasi nella terra del "Bengodi". Sono i nuovi schiavi moderni: cittadini bulgari o romeni che vengono utilizzati come bassa mano d'opera nel settore turistico e che non si rendono nemmeno conto di essere dei nuovi schiavi. Sono lavoratori a basso, bassissimo costo. A loro viene chiesto di tutto, soprattutto di essere sempre disponibili e di non staccare mai dal lavoro. Prendono qualche soldino in nero, quando tornano in patria hanno un bel gruzzoletto, ma sul territorio lasciano senza rendersene conto vere e proprie macerie sociali ed economiche. Di loro, di questi nuovi schiavi moderni, si è parlato nel convegno organizzato dalla Fisascat Cisl Nazionale (in collaborazione con la Cisl Gallura) che si è svolto nel cuore del settore turistico gallurese: il Conference Centre di Porto Cervo, nel Comune di Arzachena. A questo convegno hanno partecipato Annamaria Furlan , segretaria nazionale confederale Cisl; Pierangelo Raineri, segretario generale nazionale Fisascat; Oriana Putzolu, segretaria generale Cisl Sardegna; Giommaria Uggias, eurodeputato dell’IDV; Francesco Morandi, assessore regionale al Turismo; Marco Demurtas segretario generale Fisascat Sardegna; Mirko Idili, segretario generale Cisl Gallura; Alberto Valenti, ricercatore in diritto del lavoro dell’Università di Sassari; Franco Mulas, direttore generale Starwood e Alberto Ragnedda, sindaco di Arzachena. Ad aprire le danze è stato Mirko Idili, segretario della Cisl Gallura, che per primo ha sollevato nel territorio il problema dei nuovi schiavi moderni. In soli 5 anni, la disoccupazione gallurese è cresciuta del 9% arrivando così a toccare la vetta del 17, 4%. Per quanto riguarda il settore turistico, si può ragionevolmente collegare il calo dell'occupazione all'arrivo sul territorio dei lavoratori low cost dall'Est Europa. Imprenditori senza scrupoli utilizzano le possibilità date dall'Unione Europea per massimizzare i profitti tagliando sui diritti dei lavoratori, ma anche sulla qualità dei servizi. Il tutto pagando pochissimi contributi grazie alla Direttiva Bolkestein e alla sua elesticità in ingresso. "Questo fenomeno ha dei risvolti negativi molto importanti - ha detto Mirko Idili -. Crolla l'occupazione locale, si perde la coezione sociale e si creano situazioni di dumping sociale e commerciale. Torna il caporalato e viene a galla la concorrenza sleale. Chi opera correttamente si trova a dover lottare contro strutture che risparmiano proprio sul costo del lavoro. A lungo andare, le imprese corrette vanno in crisi e vengono acquistate dalle grandi holding del turismo internazionale". Questo sistema, inoltre, tende ad abbassare verso il basso la qualità del servizio offerto. Su questo è intervenuto Franco Mulas, direttore generale della Starwood. "Dobbiamo puntare sulla qualità dei servizi offerti - ha detto Franco Mulas - e questa qualità passa anche e soprattutto attraverso i dipedenti. La Starwood ha 907 dipendenti in alta stagione, per combattere la concorrenza di Croazia, Turchia e Cipro non possiamo concorrere sull'abbattimento dei costi ma dobbiamo puntare sulla qualità professionale. Nel 2013 abbiamo pagato stipendi per 13 milioni e mezzo di euro, abbiamo speso sul territorio 2 milioni e 300 mila euro per prodotti alimentari, 360 mila euro per le bevande e 8 milioni di euro in altri servizi, dalla manutenzione al terziario. Il 90% dei nostri dipendenti sono sardi, solo 80 non sono italiani ma vengono assunti con un contratto di lavoro nazionale". Anche l'eurodeputato uscente Giommaria Uggias ha stigmatizzato la pratica dei lavoratori low cost. "L'Europa ha disciplinato questi fenomeni prima nel '96 con una direttiva sull'equilibrio tra la libera circolazione dei lavoratori transnazionali e le imprese, con la determinazione di regole sui minimi salariali. Il problema è che al formale equilibrio tra lavoratori e imprese – ha sottolineato l'eurodeputato Giormmaria Uggias - non sono seguite uguali politiche fiscali e previdenziali tra i vari Paesi, per cui il lavoratore che viene in Italia si sottopone a un minimo salariale ma gli si applica un diverso regime previdenziale. Per questo un lavoratore rumeno ha un costo sugli oneri previdenziali del 26,8% inferiore rispetto alla manodopera italiana”. Infine Uggias ha concluso un excursus sulla normativa europea in materia, citando “l'ultima direttiva del 21 maggio scorso, che impone l'applicazione di norme più efficaci nei settori delle costruzioni, dei trasporti e del turismo per impedire a società di comodo di usare distacchi fittizi per eludere la legge".