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Palau | La fotografia di FAUSTO GIACCONE come progetto di conoscenza

Palau | La fotografia di FAUSTO GIACCONE come progetto di conoscenza
Palau | La fotografia di FAUSTO GIACCONE come progetto di conoscenza
Lycia Mele Ligios

Pubblicato il 29 September 2019 alle 17:03

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Olbia, 29 Settembre 2019 -“Per un fotografo produrre immagini, che si reggano su un avvenimento, può essere molto facile. Molto difficile è produrre immagini su cui l’avvenimento stesso si regga. Rimanga impresso nella nostra memoria. Costruisca la nostra memoria. [...] ma “forse, anche l’anima è tessuta di immagini. Una volta realizzate vivono per conto loro. Non hanno più tempo, possono parlare a tutti, anche a mille vite di distanza.”

Queste frasi del fotografo Tano D’Amico esprimono alcune linee guida, nonché il valore di eterna contemporaneità della fotografia e sintetizzano le finalità del lavoro fotografico di un grande fotoreporter italiano, Fausto Giaccone, in mostra a Palau con una suggestiva e commovènte retrospettivadal titolo “Sardegna e altri continenti (1967-1977)” visibilefinoal 30 Settembre p.v., presso il Centro di Documentazione del Territorio di Palau e inserita tra gli eventi del XXXIII Festival“Isole che parlano” di Fotografia.

Dopo la mostra fotografica sulla Sardegna al MAN_Museo d’Arte Provincia di Nuoro del pioniere del minimalismo italiano, ilfotografoGuido Guidi - con un allestimento curato da Irina Zucca Alessandrelli: “Guido Guidi in Sardegna: 1974,2011” visitabile fino al 20 ottobre - anche a Palau, è possibile cogliere riflessi di una Sardegna al suo risveglio insieme ad altre interessanti storie di vita.

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Piazza Navona, 1966 Courtesy by ©Fausto Giaccone

Una mostra da visitare per significati e riflessioni che scaturiscono dalle immagini, tutte in un rigoroso bianco e nero, che fanno il miracolo di rendere più cristallina l’anima di un passato, passaggio obbligato verso il nostro presente.

Nelle fotografie esposte si da valore al momento vissuto, senza il quale non saremo in grado di capire il nostro oggi. Si percepisce l’anima del fotografo nel suo “smarrirsi”, per documentare istanti di vita e ritrovarsi più consapevole nel suo racconto, progetto di conoscenza, per sensibilizzare e dare “giustizia” ai protagonisti dei complessi eventi, materie prescelte per le sue ricerche ed indagini antropocentriche.

Il suo sguardo cattura l’oltre fotografico, non si sofferma solo su spazi e superfici: riesce a cogliere quegli elementi che “impressionano” e irrompono fluidi dando luogo a molteplici tonalità emotive quali sgomento, rabbia, speranza, incredulità, tristezza, apprensione e ancora orgoglio, dignità.

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Proteste pacifiste contro la base Usa di Santo Stefano La Maddalena 1976 Courtesy by ©Fausto Giaccone

Le fotografie, circa una settantina, comprendono un lungo arco temporale intessuto da tante storie segnate da disagio sociale, sofferenza, malessere, privazioni. Ma, ciò che colpisce è la rappresentazione di un gran numero di persone che manifestano, s’incontrano per condividere un progetto, un’idea. Lottano e non sono intimorite, sono guidate dalla loro forza interiore e dal loro pensiero. Una stanchezza che improvvisamente diviene azione pura verso una destinazione senza più cedimenti né fermate. Giaccone, come Italo Calvino direbbe che alla fine “contano sempre gli uomini prima delle idee. [...] Le idee hanno sempre avuto occhi, naso, bocca, braccia, gambe”. Prima di ogni cosa, ciò che conta è la presenza umana. Le idee arrivano. Sono consequenziali.

Un altro elemento che le distingue, almeno per le foto esposte, è un alone di spontaneità di ripresa: sono poche le figure in posa. Inoltre, è indubbio che l’approccio estetico sia subordinato a certi orientamenti artistici approfonditi durante gli studi sulla storia dell’arte o al filone della fotografia di strada statunitense - agli albori sostenuta dal governo -di cui ricordiamo Dorothea Lange,Walker Evans, e ancora Berenice Abbott...

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Terremoto Valle del Belice, 1968 Courtesy by ©Fausto Giaccone

Oltre alla presenza di influssi estetici d'impronta neorealista,si evidenzianole inquadrature “composte ed equilibrate” che alla “figura umana danno dignità e solennità”, come ad esempio in questa intensa immagine della mamma con il bimbo, per composizione si potrebbe ricordare l'arte sacra. La coperta che li avvolge evoca il velo della Santa Vergine conferendo all'immagine un alone di sacralità, mentre il viso ricorda tratti più umani: incredulità, incertezza, smarrimento.

In altre foto della mostra se volessimo scegliere una contaminazione artistica si potrebbe scorgere quella forza e intensità che richiama un’opera di Pellizza da Volpedo il Quarto Stato, come segnalato anche dal critico Giovanni Chiaramonte.

Il fotoreporter

Fausto Giaccone nasce in Toscana (San Vincenzo, 1943) tuttavia cresce a Palermo. Nella solare città siciliana si iscrive alla Facoltà di Architettura ma, in seguito prosegue i suoi studi nella sede di Valle Giulia a Roma. Intanto, inizia a percepire che l’architettura, non sarebbe stata la sua strada,forse perché rigorosa e razionale.

Mentre fin da adolescente la fotografia gli si mostra inseparabile compagna di avventura che permette di raccogliere ricordi e definire nuovi sguardi e nuove luci. Un “sostegno”a cui aggrapparsi durante il suo inquieto vagare alla ricerca di una propria identità. Un punto del suo stare al mondo nel fluire dell’esistenza, uno spazio per definir/si.

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Campo dei profughi palestinesi nei pressi di Amman, 1968 Courtesy by ©Fausto Giaccone

Una vocazione che affiora in lui come desiderio di autenticità, di verità, di libertà da cui la volontà di rappresentare “moti” d’animo, collettivi e individuali, che avrebbero segnato un’epoca e la necessità di documentare la trasformazione sociale in atto, presagio di profondi mutamenti.

Erano gli agguerriti, ma stimolanti e creativi anni ‘60. Giaccone rimase coinvolto nella loro “trasfigurazione”:a Roma, nel ‘67, con i cortei di protesta, come le manifestazioni pacifiste contro la guerra del Vietnam -era l’anno in cui a New York il corteo antimilitarista aveva riunito 500.000 partecipanti - un atto di presenza sentito, dovuto, urgente;nel 68’ - anno che ha scardinato modi di vivere e dipensiero, che si voglia o no - con i movimenti studenteschi, le rivolte dei pastori sardi, la rivendicazione di diritti sociali e civili... Si assisteva ad un “risveglio” sociale, una presa di coscienza collettiva di persone diverse per censo o origini, che richiamava la necessità di condividere, di agire insieme, di confrontarsi, di fare politica.

Nell’ambito della fotografia, la politica iniziava a palesarsi all’interno dei reportage, e come ci ricorda Roberto Mutti - nella prefazione del Photo Book “68 ALTROVE”- il ‘68 evidenziava“una svolta rispetto al passato, anche più recente, perché la fotografia cosiddetta neorealista, era stata poetica, lirica e spesso sociale ma non così direttamente politica.”

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Roma - Corteo studentesco 1968 Courtesy by ©Fausto Giaccone

L’energia di quegli anni spinse il fotografo a porsi come testimone visivo,sottrarre al tempo quegli eventi straordinari per riallinearli all’eternità. Come altri grandi fotografi del periodo si avvalse di questa intuizione: fotografare coincide con il vivere.

L’autunno rosso dei pastori

Giaccone giunse la prima volta in Sardegna nel ‘68, come inviato del settimanale Astrolabio, dove raccolse materiale per il servizio di Pietro Petrucci intitolato “L’autunno rosso dei pastori” .

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Articolo che raccontava laribellione diffusa tra operai, studenti, pastori in vari comuni barbaricini contro “la violenza dello stato e l’inettitudine della classe dirigente regionale”.

In copertina dal colore blu l’immagine di donne e uomini attenti ad ascoltare un comizio. Una foto diversa, originale perché mostrava la presenza degli studenti e delle donne. L’insofferenza aveva colpito ogni strato sociale. Una coesione mia vista prima. Anche nel numero successivo Petrucci scrisse un’altro articolo “La colonia Sardegna: Bilancio della Repressione” corredato sempre da fotografie di Giaccone.

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Orgosolo 1968 Courtesy by ©Fausto Giaccone

Dalle foto in mostra traspare dignità e fierezza dei volti che implicano inarrendevolezza, determinazione. Le assemblee studentesche o le riunioni nel circolo Rosa Luxemburg ritratte erano situazioni dove condividere opinioni, cercare soluzioni, scrivere manifesti“comunicati stampa” si affiggevano sui muri dei paesi. Sguardi fieri, di sfida, spavaldi e attenti.Erano richieste di attenzioni da parte di comunità che erano state trascurate.

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Circolo giovanile Orgosolo 1968 Courtesy by ©Fausto Giaccone

Nel ‘69, interessato al cambiamento dell’isola, compie un secondo viaggio per realizzare un servizio sull’industria petrolchimica di Porto Torres, nata intorno alla metà degli anni sessanta. Tra le foto c'è un bel ritratto di una giovane operaia per enfatizzare il diritto di uguaglianza tra donne e uomini all’interno della realtà industriale. Nella fotografia appare (in 3/4) il mezzo busto dell’operaia con metà volto sfiorato da una luce intensa e l’altra in totale oscurità. Quasi il presagio del tortuoso cammino che le donne dovranno affrontare per giungere ad una vera parità di diritti.

Dopo un periodo in Africa ritorna in Sardegna nel ‘75 illuminato da un testo che trova per caso in una libreria. Era un libro di Elio Vittorini “Sardegna come un’infanzia”. Rapito dai racconti e dalle immagini - dettati da stupore e avidità di sapere del giovane Vittorini, appena ventiquattrenne -desidera ritornare nell’isola e indagare su elementi più etnografici come la festa della tosatura delle pecore, con dei rituali ben definiti, oppure la fiera dei cavalli a San Leonardo de Siete Fuentes nei pressi di Santu Lussurgiu, dove sono rappresentati momenti di distensione, di festa, di convivialità e condivisione che mettono in luce tradizioni e memoria immateriale della Sardegna.

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Banchetto dopo la tosatura Sa Serra Nuoro 1975 Courtesy by ©Fausto Giaccone

Gli anni ‘70 sono caratterizzati dai viaggi in Africa e in America Latina. Oltre a ciò Giaccone aderisce ad un collettivo di fotografi tra i quali c’è Tano D’Amico, Tatiano Majore e altri.

Tuttavia nel 1976 giungeancora in Sardegna per documentare la manifestazione anti militare contro la base USAF che deteneva sottomarini atomici nell’isola di Santo Stefano. Inseguito si reca ad Orgosolo per la festa patronale dell’Assunta.

Altre foto presenti nella mostra si riferiscono al 1975, quando si reca in Portogallo per documentare la“rivoluzione dei garofani”e in particolare l’occupazione dei latifondi situati a sud della nazione da parte dei braccianti agricoli senza terra. Volti stanchi, per il lungo peregrinare ma sorridenti per la vittoria. Le foto accrescono quel senso di giustizia che sembra animare i volti. Uomini e donne a piedi o sui carri con una luce di speranza nei loro occhi: il desiderio di ricominciare.

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Occupazione dei latifondi in Ribatejo Portogallo 1975 Courtesy by ©Fausto Giaccone

Come ricorda Giovanni Chiaramonte nel saggio critico allegato al bellissimo photo book Macondo Il mondo di Gabriel Garcìa Márquez:”Giaccone ha sempre cercato di operare nel nome di una giustizia dell’immagine, nella raggiunta consapevolezza che è l’uomo stesso ad essere per natura immagine, egli ha sempre cercato di far sì che la sua visione fosse un prendersi cura dell’uomo e del suo mondo”.

Negli anni ‘80 lavora per i settimanali Epoca e Panorama. Ma non trascura la sua essenza per raccontare di uomini. Fino a quando quel senso di libertà lo porterà a lasciare il fotogiornalismo e ad occuparsi solo dei suoi progetti.

Colombia e Gabo

Tra il 2016 e il 2010 attratto dal mondo di Gabriel Garcìa Márquez si reca in Colombia. Giaccone è sempre stato affascinato da Gabo e dal suo aggrovigliato ma struggente mondo che ruota attorno al libro “Cent’anni di solitudine” letto durante il periodo militare.

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Courtesy by ©Fausto Giaccone

Un anno di solitudine, di insofferenza lavorativa, di tristezza e tanta nostalgia della sua vita quotidiana, dei suoi affetti, dei suoi luoghi. Nel testo dell’autore colombiano Giaccone trova assonanze con la sua vita. In Colombia ricerca i luoghi descritti nelle opere di Gabo alla ricerca dell'anima del grande romanziere e forse della sua stessa anima.

E nel suo narrare visiva dà volto ai personaggi che richiamano quel mondo di semplicità, povertà, di confini e tumulti tra sentimento e ragione in pieghe dell’animo umano che mutano come il trascorrere delle ore. Soggetti a morte ma anche a nuove rinascite.

Un fotografo che ha acquisito la realtà come fonte di conoscenza e si è posto l’ obiettivoditrasmetterla, documentarla, perché ne ha compreso il valore.

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Macondo: The world of Gabriel García Márquez Fausto Giaccone -Ed. PostCart ’68 Altrove Fausto Giaccone - Ed. Comune di Noceto Le riviste Astrolabio sono consultabili online presso la Biblioteca del Senato