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Venerdì Santo nella Terranova dell'Ottocento

Venerdì Santo nella Terranova dell'Ottocento
Venerdì Santo nella Terranova dell'Ottocento
Marco Agostino Amucano

Pubblicato il 13 April 2017 alle 19:59

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In occasione della Settimana Santa olbiese, come dono alla città, Olbiachefu oggi pubblica integralmente il capitolo “Venerdì Santo a Terranova” di Francesco De Rosa (Terranova Pausania 1854-1938) inserito nella sua opera più famosa: Tradizioni popolari di Gallura. Usi e costumi, edito nel 1899 (1). Fra i tanti particolari interessanti del rito suggestivo e plurisecolare de S’Iscravamentu raccontato dal De Rosa, notiamo come, ancora nell’ultimo scorcio dell’Ottocento, si prevedesse una vera e propria rappresentazione scenica con tanto di attori –immaginiamo scelti fra il popolo- i quali, indossati parrucche ed abiti simili a quelli del tempo di Cristo, impersonavano i coprotagonisti del dramma del Golgotha (le Tre Marie, Giovanni Evangelista, Giuseppe D’Arimatea e Nicodemo). Una rappresentazione scenica “barocca” toccante e coinvolgente a tal punto che, tra scoppi di pianto ed urla di commozione, portava i fedeli a battersi il petto chiedendo perdono per i propri peccati. Un’altra bellissima tradizione, in parte ripristinata, consisteva nell’adagiare il Cristo deposto su un letto di steli fioriti di pervinca, che al termine del rito venivano distribuiti ai fedeli. I fiori violacei, indicanti simbolicamente il lutto, venivano poi portati a casa e deposti sul pavimento delle stanze più importanti, come gesto, simbolico anch’esso, di partecipazione di fede alla Passione e per richiesta di benedizione implicita dei luoghi abitati. Così almeno accadeva nella mia famiglia fino alla metà del secolo scorso.Adesso lasciamo cogliere al lettore gli altri dettagli di questa puntuale rendicontazione di Mastru Ziccu, augurando, anche a nome di tutti i collaboratori di Olbia.it/Olbiachefu, una Buona Pasqua di Resurrezione.

[caption id="attachment_76546" align="aligncenter" width="701"] Presbiterio della chiesa di San Paolo in una foto degli Anni Venti[/caption]

<< In questo giorno i sacerdoti fanno le Stazioni della Passionedi Gesù, movendo di buon mattino dalla parrocchia e facendo il giro attorno al paese, fermandosi ad ognicrocicchio delle vie, per ritornare quindi alla parrocchia. Benpoca è la gente che segue una tale cerimonia, forse per esserlunga e noiosa molto. La sera, cantato il vespro, si fa il discendimento dalla croce.

[caption id="attachment_76547" align="alignleft" width="317"] Il Crocifisso della chiesa di San Paolo, velato nel Giovedì Santo. Chiesa di San Paolo Apostolo 13 aprile 2017[/caption]

Il quaresimalista monta sul pulpito;a piè della croce si prostra la Maddalena, inondando di lacrime i piedi del Redentore, asciugandoli coi suoi capelli e baciandoli amorosamente. Alla destra si vede la Vergine, vestitaa gramaglia, colla bianca pezzuola fra le mani, assorta nel suodolore: non reggentele l’animo di volgere lo sguardo al suodivino figlio, già irriconoscibile per le tante ferite ed i lividiche gli coprono interamente la persona; a sinistra evvi l’evangelista Giovanni, il discepolo diletto di Gesù, quasi in attesadegli ordini del divino maestro, o intento a raccogliere le sueultime volontà, e dirimpetto Maria Cleofe e Maria Salome, sospiranti e lagrimose: non volendo darsi pace in dover perderColui, la cui parola scendeva nei loro cuori come balsamo salutare, per suscitarvi soavi sentimenti e gioie ineffabili. Discepolo e discepole si vedono vestiti nei loro orientali costumi econ in capo una parrucca, imitante la tradizionale loro capigliatura. Il quaresimalista addita al popolo il Redentore, ilquale volle farsi uomo per redimere gli uomini dalla schiavitùdel peccato, offrendosi qual ostia volontaria, per placare lagiusta ira dell’Eterno Padre. Ne accagiona la morte alle nequizie ed alla corruzione degli uomini, creati per le beatitudinicelesti e curanti unicamente dei terreni godimenti; affermando che le loro colpe poterono solamente deformare quel corpo, tipo della bellezza e della perfezione; oscurare quellafronte, in cui brillava di continuo un raggio divino; spegnerequei lumi pieni di dolcezza e di candore; inchiodar quellemani, che tanti benefici sparsero fra le genti e tanti prodigi oprarono: trattenere quei piedi, pronti a recar sollievo ed aiuto a sventurati e derelitti; fermare quel cuore tutto pietà edamore per l'ingrata umanità; inaridir quella mente, in cui altropensiero non passava che non fosse rivolto al benessere materiale e morale dell‘umana famiglia. Rimprovera gli uominidella loro ingratitudine, e fra tutti trova meno crudeli i due discepoli Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo (poiché ogni altroin tale stretta lo ha vilmente abbandonato), cui invita a volerstrappare dall’infame patibolo il preziosissimo corpo di Gesù.

Alla sua chiamata, escono dalla sacristia due uomini, riccamente vestiti (calze e calzoncini di seta, una serica e larga fascia alla cintura, un’ampia zimarra di damasco rosso a grandifiorami, tuba di cartone coperta di seta in testa, largo turbantealla fronte e calzari di bulgaro), che si avanzano e si fermanoa’ piè delle due scale, le quali poggiavano sui bracci dellacroce infissa in una timele. Il quaresimalista fa il loro elogio,decantandone la pietà, la fermezza nella nuova religione ed ilvivoattaccamento al loro buon maestro: e rivoltosi a loro, liprega a montare con prestezza le scale, raffiguranti la ertachina del Golgota, per liberar prontamente il corpo del loroMaestro dalla vergogna dell’ignominioso legno. I discepolisalgono, Nicodemo a destra e d’Arimatea a sinistra, ed il quaresimalista supplica il primo a togliere della fronte di Gesù lacorona di spine, che fa mostrare al popolo, invitandolo acontemplare di quali spine venne trapassata la bella frontedel Dio incarnato. Fa togliere i due chiodi dalle mani, e colfar per tal uopo scendere a basso Arimatea, quello dei piedi,e facendoli mostrare ai fedeli, ne descrive i dolori che essi fecero soffrire al buon Gesù, il danno cherisentì dall’inerziadelle membra trafitte l’umano genere, invocando ad uno aduno, quegli strumenti di tortura, santificati e illuminati dalcontatto e dal sangue dell’Uomo-Dio, perché impetrino dall’Eterno Genitore il perdono degl’ingrati suoi figli. Fa calarebellamente il corpo di Gesù, sorretto con una fascia che glipassa per sotto le ascelle, da Nicodemo, e lo fa presentare daGiuseppe al popolo esclamando "Ecce homo", e descrivendo lostato nel quale lo hanno ridotto i loro peccati: quindi lo fa presentare all‘afflittissima ed inconsolabile genitrice, cui rivolge una patetica apostrofe, terminante con un’invocazione;perché non voglia, nella sua inesauribile bontà, farne caricoalla fralezza delle umane creature, ma anzi impetrare il loroperdono ed il ravvedimento. In ultimo fa deporre nella bara(nel cui fondo vedesi uno strato soffice di vinca minore) ilCorpo del Redentore che viene portato — coperto da un bellissimo manto di damasco rabescato in oro con mirabile disegno, in mezzo al qualesi vede una colomba coll’ali spiegate,sotto cui si ricovrano chiedendo l’imbeccata sei piccioncelli — in processione attorno al paese e condotto all’Oratoriodi Santa Croce, per dargli onorata sepoltura.

[caption id="attachment_76559" align="alignleft" width="368"] Il fiore della pervinca[/caption]

Durante il discendimento, regna il massimo silenzio; tutti gli occhi sonointenti al predicatore che da gli ordini, ai discepoli che eseguiscono, all’apostolo prediletto e alle pietose donne, cheversano, singhiozzando copiose lacrime, ed a quella dolorosa, per quanto mistica scena, non vi è ciglio che resti asciutto.Molti, specialmente le donne, versano amare lacrime; ed aitre colpi che danno i discepoli sulla croce per cavare dallemembra traforate ciascun chiodo, esse si picchiano, inginocchiate, il petto, chiedendo il perdono delle loro colpe. Primadella sepoltura, viene in Santa Croce cantato il Miserere, e durante questo viene distribuita al popolo la vinca, che servì difresco e soffice materasso al preziosissimo corpo di Gesù: rinnovandosi la brutta scena della Domenica delle palme, in seguito al gettito di queste dal pulpito. La vinca, tocca dallespoglie del Redentore, porta, per quanto si crede, la benedizione nelle case in cui viene conservata. >>

1) Si cerchi il brano nella ristampa del volume (curata da Andrea Mulas) della Ilisso Edizioni di Nuoro, anno 2003 alle pp. 131-133). Per saperne di più sul maestro Francesco De Rosa, illustre personaggio terra novese, rimandiamo al nostro: M. A. AMUCANO, Francesco de Rosa. Frammenti di un’opera inedita. Il Quaderno X e le lettere ad Angelo De Gubernatis, Paolo Sorba editore, La Maddalena 2002 (Collana “Personaggi illustri della Gallura”, col patrocinio della Provincia di Olbia–Tempio).

©Marco Agostino Amucano

Olbia, 13 aprile 2017

[caption id="attachment_76549" align="alignnone" width="2048"] Il Cristo dopo S'Iscravamentu, velato ed esposto all'adorazione dei fedeli. Chiesa S, Paolo Apostolo di Olbia (Foto Maurizio Casula)[/caption]