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Il nuraghe Su Casteddu di Monti (OT)

Il nuraghe Su Casteddu di Monti (OT)
Il nuraghe Su Casteddu di Monti (OT)
Marco Agostino Amucano

Pubblicato il 19 May 2019 alle 08:53

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Monti, 19 maggio 2019- Tratteremo oggi di un complesso monumentale nuragico poco noto ai più e appellato in vari modi: Su Casteddu, o nuraghe Sa Prexone, oppure ancora nuraghe Crasta, o Castra, o ancora, italianizzato, castello di Crosta (solo in bibliografia), e situato nel territorio del comune di Monti (OT), rientrante nella regione storica del Monte Acuto. Quanto riporteremo costituisce sintesi -con qualche lieve aggiustamento nella forma, resa più divulgativa- dalla nostra tesi di dottorato di ricerca in archeologia medievale dal titolo “Topografia della Sardegna bizantina (secoli VI-X). Le regioni storiche della Gallura, Baronia, Monte Acuto, Goceano (parte), Barbagia di Nuoro (parte)” discussa nell’anno 2012 presso l’Università degli studi dell’Aquila. Le foto che pubblicheremo, da noi scattate, sono invece tutte del febbraio 2009, anno dei più accurati sopralluoghi ai fini della documentazione. L’altura su cui sorge Su Casteddu è definita Punta Sa Prexone nelle più recenti carte dell’Istituto Geografico Militare, mentre le coordinate GPS sono le seguenti: N 40 46.892 E 9 17.868, riferite al nuraghe monotorre.

[caption id="attachment_92379" align="aligncenter" width="798"] Il sito del nuraghe nell'immagine satellitare Google Earth[/caption]

Geomorfologicamente l’altura appare come un colle isolato di natura granitica, terminante in due vette con un lieve avvallamento interposto, con la vetta meridionale più alta; sorge in posizione di dominio e controllo sia verso la parte settentrionale interessata dal vallone di Monti, sia verso il retroterra montagnoso e la valle del Riu de Crasta. È più facile accedervi dal versante nord-occidentale, percorrendo la fascia di terreno disboscata e spietrata fino a mezzo pendio.

[caption id="attachment_92380" align="aligncenter" width="2048"] Il colle de Sa Prexone visto da nord-ovest[/caption]

Il complesso nuragico, mai scavato e privo di uno studio monografico (1), prevede un ardito antemurale che perimetra, integrando e/o sbarrandone i pochi varchi rocciosi naturali, la sommità del rilievo. Al suo interno restano così incluse ambedue le vette sopra descritte e l'interposta vallicola, occupata da cospicua vegetazione di macchia. Ben riconoscibili i resti di un nuraghe monotorree l’insieme di segmenti murari di perimetrazione e contenimento, che alternativamente alla roccia naturale delimitano uno spazio assai allungato, orientato in senso NNE-SSO. Nel complesso l’area fortificata così segnata misura m 115 di lunghezza secondo un asse nord-sud e m 29 di larghezza, delimitando un’area calcolata con sicurezza in oltre 3300 metri quadrati.

[caption id="attachment_92382" align="aligncenter" width="801"] Un tratto del terrazzamento occidentale[/caption]

La metà meridionale dell’area, occupata dalla massima quota dell’altura (m 461 slm) ed includente il nuraghe, è di fatto una ridotta difensiva naturalmente accessibile dai versanti interni settentrionale e meridionale, pertanto chiusi e rinforzati entrambi da due importanti strutture murarie in tecnica megalitica. La prima struttura costituisce anche il bastione del nuraghe, chiudendo e terrazzando con andamento lievemente curvilineo il lato NO della ridotta, per una lunghezza leggibile di m 16 circa e con un’altezza residua di m 2,90. L’estremità meridionale invece è chiusa da un alzato con andamento E-O, costruito in tecnica costruttiva sempre a secco, che nondimeno si avvale di blocchi di pezzatura più irregolare; è lungo m 25 ed ha un’altezza massima residua di m 1,8.

[caption id="attachment_92383" align="aligncenter" width="2048"] Interno della camera del nuraghe[/caption]

Il nuraghe appare come un monotorre, con diametro esterno di m 11,4 ed interno della camera di m 3,8; lo spessore murario massimo riscontrato è ancora di m. 3,8. L’ingresso, di cui si osserva l’architrave originario crollato, è orientato a SSE ed è largo m 1. La camera raggiunge un’altezza massima residua visibile di m 1.95 e non sembra presentare nicchie interne, né si intravedono resti di scala interna senza uno scavo. La tecnica costruttiva prevede l’impiego di conci granitici di dimensioni notevolmente piccole e di forma irregolare, anche nei filari di base.

[caption id="attachment_92387" align="aligncenter" width="803"] Resti di coltivazione di cava a cielo aperto trovati sul sito (foto M. A. Amucano febbraio 2009)[/caption]

La parte settentrionale del colle interessata dalla cima minore, è delimitata nei lati occidentale ed orientale dai resti di due tratti di muratura megalitica di recinzione e difesa. Il primo tratto si segue per 47 metri, è crollato in più punti e raggiunge uno sviluppo massimo in altezza di m 3,50, in corrispondenza dell’avvallamento intermedio tra le due cime. Qui sono stati individuati resti inediti di cava a gradoni, di cui mostriamo una foto per la prima volta. Il segmento di recinzione orientale è più breve (m 22) e non supera i m 2,30. Entrambi i muri chiudono le parti non difese naturalmente dal bastione roccioso, svolgendo altresì funzione di terrazzamento.

Lo studio del sito nel suo complesso e la ricognizione svolta anche nei versanti più impegnativi del colle portò all’individuazione di alcuni tratti di sbarramento/terrazzamento, organizzati lungo il versante settentrionale del colle, a sottolineare la maggiore vulnerabilità di questo versante meno scosceso, come verosimilmente anche il più ovvio percorso di risalita alla fortificazione.

Il primo terrazzamento si snoda per una lunghezza di m 17, intervallandosi alla roccia naturale; è orientato in senso NO-SE, presenta un’altezza massima residua di m 1,80 ed è costruito con la consueta messa in opera a secco megalitica, ascrivibile ad età nuragica. E’ ubicato ad una quota relativamente inferiore rispetto alla vetta (m 415) ed è posizionata su coordinate N 40 46.971; E 9 17.893.

Il secondo terrazzamento si incontra ad una quota più alta, in direzione S, esattamente a m 63 in linea d’aria dal primo, e ad una quota di m 445 slm, costituendo praticamente l’accesso alla vetta del colle dal versante settentrionale. La lunghezza di questo tratto murario, che collega e chiude lo spazio tra due roccioni, è di m 10.5; l’altezza residua di m 1,80. La tecnica di costruzione non si discosta da quella del primo terrazzamento e dall’insieme del complesso nuragico.

Con una singolare rejected knowledge, la tradizione locale insiste nel ritenere il nuraghe un “castello” medievale, e in tale credenza popolare potrebbe celarsi un nucleo di verità circa il possibile riutilizzo del fortilizio nuragico nei primi secoli dell’Età di Mezzo. La supposizione è corroborata dal ritrovamento di un frammento di orlo di dolio di stampigliata grezza altomedievale (VII-VIII secolo)(2).

[caption id="attachment_92385" align="aligncenter" width="809"] Frammento di stampigliata altomedievale rinvenuto nel sito[/caption]

Basandosi esclusivamente sulla posizione di controllo da sud della nota strada romana a Karalibus Olbiam, anche Giuseppe Meloni già prospettava la possibilità di un riuso dell’altura nel medioevo (3).

In effetti dal nuraghe si domina con ampio spettro territoriale il “canale di Monti” a sud del Limbara ed il tracciato della strada romana fino alle colline circostanti Olbia, in direzione est; mentre in direzione ovest lo sguardo arriva al Castello di Monte Acuto ed alla fortificazione di Punta Giolzia, dentro ilterritorio di Berchidda.In direzione sud si controllava invece un antico sentiero di penetrazione agli altipiani di Alà, Buddusò e Bitti, un tracciato che risaliva i corsi del Riu de Crasta e Riu Carralzone, passando per le località: Lada, Sambinzos, Punta Su Pabiru, Giuncheddu, ricollegandosi infine all’attuale tracciato della SS 389 in corrispondenza della Cantoniera Zùighe= giudice, interessante attestazione toponimica (4).

[caption id="attachment_92404" align="aligncenter" width="4288"] La via naturale che conduce agli altipiani di Bitti e Buddusò controllata dal nuraghe (foto M. A. Amucano 2009)[/caption]

©Marco Agostino Amucano

NOTE

1 Una prima sommaria descrizione alquanto fantasiosa venne fatta in G. B. DEMELAS, Un itinerario archeologico: il Castel Crosta di Monti, in La Nuova Sardegna: settimanale, 29.11.1966, 283, p. 3. Semplici cenni sono in A. MORAVETTI, Il territorio di Monti dalla preistoria all’età nuragica, in AA. VV., Il territorio di Monti (Sassari). Le vicende del passato – L’assetto attuale _Le prospettive future, (P. Brandis cur.), Sassari 1997, p. 15 e G. MELONI, Monti nel Basso Medioevo (secoli XI-XV), in AA. VV., Il territorio di Monti (Sassari). Le vicende del passato – L’assetto attuale _Le prospettive future, (P. Brandis cur.), Sassari 1997, p. 33. Le prime descrizioni, anch’esse sintetiche, sono in AMUCANO, Le fortificazioni bizantine nell’area nord-orientale della Sardegna. Osservazioni preliminari, in Archeologia castellana nell’Italia centro-meridionale. Bilanci e aggiornamenti. Atti del convegno di studi. (Roma, CNR, 27-28 novembre 2008)= Quaderni di Archeologia medievale, IX, 2010 p. 270s. e da ultimo in P. MANCINI, Gallura orientale. Preistoria e protostoria, Olbia 2010, pp. 58-60.

2 Il frammento è stato edito in M. A. AMUCANO, cit., pp. 271, nota 35, fig. 10 .

3 G. MELONI, cit., p. 33, al quale si rimanda per l’inquadramento storico del territorio di Monti nel Basso Medioevo, preceduto da A. CASTELLACCIO, Monti nell’Alto Medioevo (secoli VI-X), in AA. VV., Il territorio di Monti (Sassari). Le vicende del passato – L’assetto attuale -Le prospettive future, (P. Brandis cur.), Sassari 1997, p. 27 s. per la parte altomedievale.

4 Per il tracciato vedi M. A. AMUCANO, cit. p. 271, nota 33.