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Nel profondo d’una nera e fredda notte di gennaio...un ladro

Nel profondo d’una nera e fredda notte di gennaio...un ladro
Nel profondo d’una nera e fredda notte di gennaio...un ladro
Dionigi Pala

Pubblicato il 13 February 2016 alle 10:41

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Della vicenda della quale mi accingo a parlarvi si era discusso tante volte in casa; soprattutto in occasione delle riunioni di famiglia per le feste pasquali e di fine anno. Era sufficiente, infatti, che si facesse un vago accenno al passato degli zii o dei nonni perché si aprissero le cateratte dei ricordi il cui fluire veniva alimentato soprattutto da nonno Giovanni e da zio Mauro. Le narrazioni del primo riguardavano gli anni della sua giovinezza trascorsi nei caseifici di Soresina, Velletri e del continente in generale.

Prendevano allora forma le figure di personaggi a noi sconosciuti ma pur sempre familiari perché evocati e descritti dal nonno sempre con le stesse parole accompagnate da una gestualità sempre uguale come le espressioni del suo volto, dei suoi occhi. Espressioni che avevamo imparato a conoscere: tanto che eravamo in grado di prevedere l’arrivo della lacrima ad inumidire le sue gote marcate indelebilmente dai solchi impietosi e profondi del tempo. Ed ecco il racconto del velletrano Peppone, uomo tanto possente quanto insolente, alla cui provocante arroganza il nonno aveva posto fine con un colpo di destrezza che lo aveva mandato lungo lasciandolo a terra in stato confusionale. Quindi prendeva nuovamente vita il tenente Gatto, conosciuto in guerra e divenuto suo amico poiché pure lui (fu sempre una nostra certezza) intratteneva un ottimo rapporto con Bacco. Quando, poi, giungeva il suo turno era zio Mauro ad aprire il proprio diario dei ricordi per evocare tempi più vicini a noi con aneddoti che avevano come protagonisti persone di famiglia sullo sfondo del secondo conflitto mondiale e sul palcoscenico altrettanto familiare di “olbia” prima che diventasse OLBIA.

Con lui il racconto delle vicende udite tante volte non era mai uguale. I fatti riportati si arricchivano ogni volta di particolari sempre più precisi, e la narrazione procedeva quanto mai ordinata.

Inoltre…

- Nisé’ ite coilóngu chi ses! Fàghela in breve! E su ladru? [1]

Avete ragione! Ma la colpa è anche vostra! Ricordate la raccomandazione che vi ho fatto più volte? Ho sempre detto: interrompetemi se vi accorgete che sto divagando.

Arriviamo, dunque, al ladro.

Il fatto avvenne ad Olbia quando la guerra stava ormai avviandosi verso la tanto sospirata conclusione, nel profondo d’una nera e fredda notte del mese di gennaio del 1945. Ad indicarci l’esatta collocazione temporale è una lettera inviata alla famiglia da mio zio Dionigi datata - Cagliari 23 gennaio 1945 - il quale così ne fa cenno:

“…Ho saputo del ladro…”.

[caption id="attachment_50778" align="alignnone" width="960"]1546263_10202450863465881_1058657027_n Una parte della nuova piazza antistante alla basilica di S. Simplicio, un tempo era nota come "il cortile di Verzura". Foto di Pietro Pala[/caption]

La famiglia Panedda, dunque, si trovava a pernottare in paese, a pochi passi dalla chiesa di San Simplicio, nell’abitazione con un ampio giardino interno confinante con quello che noi conoscemmo come “il cortile di Verzura” sulla cui area, oggi, fa bella mostra di sé la vasta piazza che vorrebbe valorizzare ancor più la granitica chiesa intitolata al nostro patrono.

Sul retro della cucina di casa sorgeva, con accesso indipendente, un magazzino nel quale i nonni conservavano le provviste di famiglia. Non mancavano gli ortaggi provenienti dalla fertile vigna curata amorevolmente da nonna Giovanna e, grazie alla professione esercitata da nonno Giovanni, formaggi, ricotta salata e qualche prosciutto. Frequenti, inoltre, erano i regali che i pastori che egli conosceva da una vita gli portavano in occasione delle feste. Ricordandoli, il nonno concludeva sempre: “Decheotto pastores, decheotto ormeddhas de casu, decheotto fossellas de recóttu, decheotto antzones!”. [2]

Nella via S. Simplicio, dunque, quella notte, gli unici flebili bagliori della pubblica illuminazione provenivano da due punti luce posti in prossimità del passaggio a livello, il primo, e all’altezza dell’incrocio con le vie Brigata Sassari e Gabriele D’Annunzio, il secondo il quale, ridotto ad un arrugginito moncone pendeva come un batacchio orfano della propria campana.

Improvvisamente Mauro, il secondo per età dei figli maschi, venne svegliato di soprassalto dal rabbioso latrare di Lilla, il buon cane di casa che era solito dormire al piano terra, nel sottoscala, accucciato “subra un’isterrimenta de saccu”, [3] proprio accanto alla non solida porta che conduceva al cortile, oltre la quale, a sinistra, vi era l’ingresso al magazzino. Avviatosi d’istinto vero la finestra che dava sulla via S. Simplicio e socchiusa un’anta diede uno sguardo all’esterno. Il silenzio venne interrotto per un attimo dal sibilo d’una folata di vento ghiacciato che gli sferzò il viso. La strada, deserta, era animata soltanto dalle ombre proiettate dallo svogliato e sordo scampanio dell’orfano batacchio luminoso… Tornato rapidamente verso il suo letto, mentre si infilava velocemente sotto le tiepide e pesanti coperte di orbace, udì nuovamente l’abbaiare del cane che, a tratti, pareva impazzire per poi calmarsi dopo qualche minuto. Quindi riprendeva ad agitarsi strattonando chiaramente la fune che lo tratteneva. Non ci volle molto ad intuire il motivo di quello strano comportamento: Lilla abbaiava all’impazzata all’avvicinarsi di qualcuno e smetteva quando questi si allontanava carico di refurtiva sottratta dal magazzino.

Balzato dal letto corse subito a svegliare il padre che riposava nella stanza attigua.

- Bà… bà… Arricatebòndhe! Ischitatebos chi b’amus unu ladru in domo! [4]

Nonno Giovanni, levatosi immediatamente, die’ di mano alla sua doppietta e spiccato il cinturone dal chiodo infisso a una parete cercò nervosamente ma inutilmente delle cartucce.

- Mauré sibilò rivolto a Mauro – vae, curri a domo ‘e Bustianu e achetìnne dare una paia chi custa via a mariane li brujo sa coa! [5]

Quello, tutto trafelato per la frenetica corsa, raggiunta la casa del cognato distante solo un centinaio di metri, bussò energicamente e ripetutamente al portone. Angelina, sua sorella, non tardò ad affacciarsi alla finestra del piano alto e…

- Mauré! E tue inoche a cust’ora? Ite b’at sutzéssu? [6]

E Mauro, tutto d’un fiato:

- Tzelè, ghettami una paia ‘e cartuccias de Bustianu, chi b’amus unu ladru in domo. Mòveti però! [7]

La risposta di Angelina non si fece attendere neppure un minuto:

- Bustianu at natu chi no ndhe juchet manc’una! [8]

Il caso, o per meglio dire, la fortuna volle che Mauro tornasse veloce verso casa a mani vuote.

Cosa sarebbe potuto accadere altrimenti?

Nonno Giovanni, comunque, richiusa la finestra attraverso la quale aveva a mala pena intravisto i movimenti fortuiti dello sconosciuto che agiva col favore del buio, non si preoccupò più di tanto: posata l’arma, scese rapidamente le scale, uscì per strada e raccolte tre pietre si diresse velocemente, passando di lato alla chiesa, verso sa colte ‘e Verzura, con il chiaro proposito di sorprendere alle spalle l’intruso.

Dovete sapere che nonno, da giovane, a detta di molti, era considerato un perfetto tiratore di pietre: “Inue ponia s’ocru, affermava egli stesso, ponia sa preta!”. [9]

L’accerchiamento avvenne, ma del ladro nessuna traccia; evidentemente all’ultimo momento qualcosa lo aveva insospettito e aveva ritenuto opportuno darsela a gambe inghiottito dal buio della notte. Ai piedi del muro che separava le due proprietà rinvenne l’intero bottino che quel figuro, col suo andirivieni, aveva accatastato col chiaro proposito di trasportarlo in un secondo momento, con calma e, soprattutto, senza il timore dell’allarme rabbioso lanciato dal cane.

Tempo dopo venni a conoscenza dell’identità dell’astuta e fortunata “volpe” di quella notte.

…………………

Il pranzo che seguì la celebrazione del matrimonio fra … e … si protrasse fino alle diciotto di quel pomeriggio. Poco dopo si diede inizio ai balli animati dalla musica “sparata” a pieno volume da un complessino di giovani amici della sposa.

In compagnia degli zii Aldo e Mauro presi posto su una poltroncina in un angolo della sala, alla larga dalle vorticose coppie di ballerini e nell’inutile tentativo di proteggermi dall’assordante frastuono dei suonatori.

Fu zio Mauro che, ad un tratto, posatami una mano sulla spalla, si protese verso di me per dirmi:

- Nisé’, vedi quel tale che sta ballando con … ? Sai chi è? Ricordi quante volte abbiamo rievocato l’ormai famosa storia del ladro penetrato in casa? Bene! Ti presento “la volpe”: colui che tentò di fare man bassa delle nostre provviste!

In un attimo balzai in piedi per poterne fissare i connotati con più precisione. E lo vidi!

L’uomo che fino ad allora aveva nel mio immaginario solamente i contorni di un’ombra ebbe finalmente un volto!

Rivolsi lo sguardo verso zio Aldo il quale con un mezzo sorriso di conferma mi spiegò come e da chi l’uomo era stato messo al corrente sia delle provviste custodite nel magazzino di casa, sia del percorso più agevole e sicuro che avrebbe dovuto compiere per introdurvisi. La delatrice, comunque e per fortuna, aveva dimenticato di metterlo in guardia dalla vigile presenza della nostra Lilla.

- Proprio lui!? – commentai alzando il tono di voce nel tentativo di sovrastare la fastidiosa potenza della musica – proprio lui!!! Deve ringraziare il cielo per essersi eclissato al momento opportuno prima che nonno….

L’uomo ci passò accanto sfiorandoci ancora una volta e fissandoci interrogativamente: forse nel vano tentativo di capire il perché del nostro mezzo sorriso. La risposta gli giunse assordante dal complessino che proprio in quell’istante diede inizio all’esecuzione, manco a dirlo, del tango dall’eloquente titolo: “Perfidia”.

La “volpe”, immemore dello scampato pericolo, non capì! E scomparve confondendosi fra i festosi ballerini…

© Dionigi Pala

[1] Nigi, quanto sei lento nell’arrivare al dunque! Accorcia, sii breve! E il ladro?

[2] Diciotto pastori, diciotto formette di formaggio, diciotto panierini di ricotta, diciotto agnelli.

[3] Su una lettiera ottenuta da un sacco di iuta

[4] Babbo… babbo… Alzatevi! Svegliatevi poiché abbiamo un ladro in casa!

[5] Mauré! (accorciativo di Mauréddhu) vola a casa di Bastiano e fattene dare un paio poiché stavolta brucio la coda a quella volpe!

[6] Mauro! Tu qui a quest’ora? Cosa è successo?

[7] Tzelè (accorciativo di Antzelèddha= Angelina) gettami un paio di cartucce di Bastiano perché abbiamo un ladro in casa. Sbrigati!

[8] Bastiano ha detto di non averne neppure una!

[9] Dove posavo lo sguardo, giungeva la pietra da me scagliata!