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Il "quinto moro" - di Salvatore Zappadu

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Patrizia Anziani

Pubblicato il 23 June 2018 alle 17:01

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Il "quinto moro" - Ad Emiliano, amore di nonno...

Quando ero piccolo, dormivo nel letto con mio nonno Barore. Aveva l’abitudine di raccontarmi storie, spesso legate alla sue esperienze umane. Fu, verso i dieci anni che, per la prima ed unica volta, sentii parlare del “quinto moro”. Per la verità, all’inizio il racconto era tutto incentrato sulla sua vita di emigrato in Argentina. Era partito subito dopo la grande guerra, attratto dalla “fortuna” che alcuni parenti avevano trovato in quel lontano Paese, e con l’obiettivo di un lavoro sicuro. Non era andata benissimo, la “pacchia” dell’emigrato non sempre raggiunge la meta. Aveva, comunque imparato un mestiere (trivellatore di pozzi artesiani) che al suo rientro in paese, gli aveva consentito di vivere abbastanza bene. Nelle narrazioni delle peripezie prima, durante e dopo quei viaggi della speranza e della disillusione, ad un certo punto mi chiese se fossi a conoscenza della storia della bandiera sarda e se a scuola me ne avessero fatto menzione. Vista la mia motivata sorpresa, mi assicurò che anche, anzi che soprattutto noi sardi avevamo una bandiera di identità. E che quel drappo rappresentava quattro saraceni (mori) con una benda sopra la fronte, divisi da una croce di San Giorgio. Seppi così che quella bandiera, rappresentava anche la mia identità, da più di settecento anni e, per la prima volta, sulla tessera del suo partito mi mostrò quel simbolo.

“Questa è la mia storia, ma anche la Tua storia, perché un uomo senza radici è un uomo perso". A dire il vero, nonno deve aver capito di aver fatto un discorso troppo complicato per i miei anni di bambino ed allora cambiò registro: “comunque, quello che volevo confidarti è che questa nostra bandiera di teste di saraceno, prima ne aveva cinque, perché ce n’era una al centro della croce, una testa che ti osservava diritto negli occhi, visto che il viso non guardava da un’altra parte”. La cosa mi incuriosì e lui continuò ad affabularmi: “eh… sai perché è sparito il quinto saraceno? Semplicemente perché se n’è andato via. Sì, è andato via, come tuo nonno, quando sono partito in Argentina e come tanti altri, in esilio per il mondo. Sai che in Sardegna siamo più di un milione di abitanti e che fuori dalla nostra isola di sardi ce ne sono altrettanti, tutti sparsi per il mondo. Quella testa di saraceno, rappresenta proprio loro, tutti i sardi che hanno dovuto abbandonare la loro terra. Ecco perché è sparita dal drappo. Ma noi che abbiamo la fortuna di viverci, non li possiamo mai dimenticare, dobbiamo sentire questo grande dovere. Per questo, abbiamo pensato di fare un… trucco. Te lo racconto, ma tu non devi dirlo a nessuno, perché questo è un segreto che deve rimanere tra me e te, tra nonno e nipote.”

Fu così che venni a conoscere il primo prezioso segreto della mia giovane esistenza. Quello che non avrei mai dovuto svelare se non al mio nipotino. Mi raccontò di un’altra isola, vicina, a noi, nostra sorella ed al centro del mare “nostrum”, e mi confidò che il quinto “moro”, il saraceno mancante che rappresenta tutti sardi in diaspora, noi sardi lo abbiamo “regalato”, prestato a questa isola “nostra sorella” che lo custodisce così gelosamente, dal farne sigillo imperituro della propria identità. Ovviamente, nel convivere con questa favola ad uso conciliativo di quel sonno fanciullesco, ho comunque sempre pensato di immaginare quella testa di saraceno a guardia delle mie umane peregrinazioni; anche se, nel mio ultimo eremo bulgaro, non ho certo scordato di portare e proteggere la mia personale bandiera dei “4mori”. Internet, tra le tante cose, è un miracolo comunicativo insostituibile. Per questo motivo, ho pensato bene “stanotte” di riascoltare mio nonno e di “raccontare” ad Emiliano, il mio amatissimo nipotino, nato in Spagna, ma residente in Olanda, prima del suo e del mio sonno, questa storiella.

Un racconto scritto ad oltre duemila chilometri di distanza, e proprio questa notte. Perché, lo confesso, giusto stanotte io fatico a prendere sonno. Perché un altro “sardo” nipotino di un altro nonno, nato anch’egli fuori Sardegna, oggi, manco a dirlo, in terra spagnola è diventato il ragazzo più veloce d’Italia. Filippo Tortu, eccolo FINALMENTE il quinto moro mancante, meraviglioso, splendidamente sardo anche nel suo cognome, così veloce da non poter più rimanere fermo al centro della sua Bandiera. Troppo veloce, più del vento, più in là di ogni ostacolo... più in là di ogni confine. Sardo, come tutti Noi, nel bene e nel male, per l’eternità...

Buonanotte Emiliano, Nonno Tore

©Salvatore Zappadu

[caption id="attachment_101733" align="alignnone" width="826"] Foto tratta dalla pagina FB di Filippo Tortu[/caption]