Friday, 19 April 2024

Informazione dal 1999

Cronaca, Olbiachefu

Come Francesco De Rosa giudicava i politici olbiesi di fine Ottocento

Come Francesco De Rosa giudicava i politici olbiesi di fine Ottocento
Come Francesco De Rosa giudicava i politici olbiesi di fine Ottocento
Marco Agostino Amucano

Pubblicato il 12 June 2016 alle 14:51

condividi articolo:

Vissuto a cavallo di due secoli, Francesco Derosas (Terranova Pausania 1854-1938), in arte De Rosa, noto nel suo paese come Su Mastru Ziccu, fu indimenticato maestro elementare di intere generazioni di olbiesi, ma viene oggi ricordato soprattutto per i suoi scritti sulle tradizioni popolari e sul folklore di Olbia (allora Terranova Pausania) e della Gallura. Studioso eclettico ed infaticabile, brillante conferenziere e polemista, Francesco De Rosa fu però anche poeta in tre lingue (italiano, logudorese e gallurese), storico e studioso di archeologia, appassionato protagonista del dibattito su temi scottanti per l’epoca. Inserito in importanti circuiti culturali, ebbe stretti contatti con Grazia Deledda ed intrattenne rapporti e collaborazioni con la migliore intelligentsia sarda del suo tempo, che lo vide stimato e ricercato studioso.

Non fu personaggio malleabile e aduso ai facili compromessi, Su Mastru Ziccu. I maestri elementari, soprattutto verso la fine dell’Ottocento ed il primo decennio del Novecento, dovevano scontrarsi spesso con gli amministratori del comune da cui di volta in volta avevano ottenutogli incarichi annuali, e ciò per vari motivi: economici innanzitutto (lo stipendio, non certo lauto né regolare, era pagato infatti dal Comune e non dallo Stato, come avviene ora) e in secondo luogo acausa delle condizioni disumane in cui venivano costretti lavorare i mastri, aule fatiscenti adattate alla meglio in primis.

Ben ci aiutano a comprendere le generali, frequenti difficoltà di relazione tra la figura del maestro elementare del tempo e le classi dirigenti paesane, ancorché lo spirito combattivo e pungente del De Rosa, le salaci righe apparse sul periodico settimanale Lo Stretto di Bonifacio, stampato a S. Teresa Gallura nel 1888 e diretto dal proprietario responsabile Sebastiano Baffigo. La rivista era nata dalle ceneri del più noto settimanale Le Bocche di Bonifacio, sempre diretto e voluto dal Baffigo, già uscita in prima copia di saggio il 23 dicembre 1883. Vale proprio la pena di leggere quanto rilevava il trentaquattrenne De Rosa su uno specifico tema, quello della prima formazione scolastica, che molto accendeva gli animi nel periodo post-unitario:

“...Altra causa della deficienza della morale educazione è l’impossibilità in cui viene messo talvolta il maestro nell’educare e ciò perché dal municipio gli viene quell’autorità di fatto, senza la quale non è possibile cattivarsi il rispetto e la stima dei suoi discepoli. I consigli comunali composti per lo più da bifolchi, da artigiani* (*nota: osservo che conosco artigiani e contadini di cuore, più illuminati di molti che hanno ricevuto un certo qual grado d’istruzione, amanti della civiltà e del progresso, molti dei quali mi onorano della loro amicizia), di pastori e di parvenu arricchitisi il più sovente per le illecite vie dell’usura, della frode, delle usurpazioni e del ladroneccio; i quali tengono a vile i maestri comunali, riputandoli a paro delle guardie municipali e dello spazzino; loro imponendo colla stessa burbanza colla quale comandano a questi, di trattare coi guanti il tale o il tal altro dei nipoti, il figlio o la figlia d’una loro protetta. Figurandosi che la mala acquistata roba o la non meritata carica abbiano la potenza di far dimenticare agli altri quello che furono, di nascondere la loro bassezza o mediocrità e di accrescere lume ai loro intelletti, pretendono riverenza e salamelecchi e, sedendo a scranna ogni volta che vi sia una lagnanza o un reclamo contro i maestri, sputano, con serietà e col maggior sussiego, paroloni e sentenze che farebbero ridere i polli, se per avventura non avessero l’effetto di far piangere i poveri insegnanti! Poveri grulli! La brama di apparire uomini d’importanza, saccentoni e imparziali, accresce vieppiù il denso velo che copre i loro cervelli e fa loro pronunziare giudizi che sono monumenti di solenne bestialità”.

(F. De Rosa, La scuola non istruisce né educa, in “Lo Stretto di Bonifacio”, Anno I, n. 25, Santa Teresa Gallura, 26 agosto 1888).

pIAZZA MATTEOTTI PRIMOI nOVECENTO_002

Si immagina plausibilmente che nel comporre un ritratto tanto veristico quanto caustico il maestro elementare De Rosa tenesse davanti ai suoi occhi soprattutto, seppure non esclusivamente, la classe dirigente della sua Terranova, espressa da poche famiglie di proprietari terrieri che, salvo rare eccezioni confermanti regola (l’archeologo Pietro Tamponi ne fu una eccellente) era tutt'altro che attratta dalla cultura. Nella gretta e soffocante mentalità di quella élite fine-ottocentesca il possesso di alcune “tanche” con bestiame al pascolo brado costituiva infatti la condizione necessaria e sufficiente della rappresentatività sociale al cospetto di un microcosmo paesano socialmente povero ed arretrato, il tutto con buona pace per i diplomati, maestri elementari o laureati che fossero, i secondi tutti “di importazione” fino al primissimo Novecento.

Il suo battersi appassionatamente e generosamente per alcuni dei brucianti temi sociali del tempo potrebbe ulteriormente spiegare l’ostilità nei suoi confronti da parte di alcuni rappresentanti della locale, potente borghesia latifondista. Per conquistare a sé l’ulteriore, immaginabile avversione anche da parte del clero diocesano potevano invece essergli bastati alcuni pepati scritti giovanili. Scegliamo fra tutti la stroncatura ironica da lui fatta nel 1889 alle prediche tuonate in San Simplicio da qualche ignoto prete definito digiuno “dei più elementari precetti di logica e dell’arte oratoria”. Per il socialista ed anticlericale maestro De Rosa l’occasione sarà sempre buona per allargare il tiro e stigmatizzare le imperfezioni di qualche potente amministratore locale, evidentemente oggetto di cortigiane adulazioni dal pulpito. Ne riportiamo qui solo un breve, spassoso brano:

“Molti desiderosi di dar sfoggio d’erudizione, si rendono orribilmente noiosi con una infinità di citazioni…confondendo fatti e date e perfino personaggi; creando dei politici nelle persone di semplici bifolchi, dei nobili in chi visse e morì plebeo; degli oratori in chi non trattò mai d’altro che di quanto riferivasi alla sua azienda domestica, o al suo stato alto o gretto ch’ei fosse; dei guerrieri in chi non conobbe altro che lo spiedo o il coltello a serramanico, e tutto ciò con una prolissità che costringe molti a uscir di chiesa tenendosi le mani strette agli orecchi”.

(F. De Rosa, Critica Sacra. Prediche e predicatori a S. Simplicio, in Lo Stretto di Bonifacio, anno II, n. 4, 3 febbraio 1889).

©Marco Agostino Amucano

Tutto quanto detto e riportato è tratto dallanostra monografia: M. A. AMUCANO, Francesco De Rosa. Frammenti di un’opera inedita. Il Quaderno X e le lettere ad Angelo De Gubernatis, La Maddalena 2012, Paolo Sorba editore.

Avatar facebook