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Cronaca

Olbia. Fenomeno Airbnb in crescita: e le tasse?

Olbia. Fenomeno Airbnb in crescita: e le tasse?
Olbia. Fenomeno Airbnb in crescita: e le tasse?
Angela Galiberti

Pubblicato il 29 October 2015 alle 10:51

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Olbia, 29 Ottobre 2015 - I primi dati ufficiali della stagione estiva 2015 parlano chiaro: più 17% di presenze turistiche ad Olbia rispetto all'anno precedente. Un vero successo, frutto di più fattori: da una parte la crisi geopolitica del Nord Africa, dall'altra gli sforzi del comparto turistico olbiese per essere attrattivi e competitivi.

In tutto questo manca, però, un tassello: il turismo delle "seconde case". Ovvero quel turismo che passa da quartieri fantasma vicini al mare che d'Inverno sono praticamente disabitati, ma d'Estate quintuplicano le presenze. Un fenomeno che, ad Olbia, ha radici storiche e che oggi ha una fonte di promozione in più: l'Air BnB, il portale che mette in rete la "ricettività privata". Per entrare nel portale non devi essere un vero Bed and Breakfast o un regolare affittacamere: basta avere una camera e volerla mettere a disposizione dei turisti. Del resto, come dichiara il sito, questo può essere un modo semplice per "arrotondare" il proprio reddito.

Siamo così andati a curiosare su Air BnB per capire quanto questo fenomeno incide su Olbia e sul suo sistema turistico. Abbiamo fatto una ricerca per una vacanza dal 1/07/2016 al 15/07/2016 per due persone e abbiamo trovato oltre 300 offerte da 30 a 140 con punte isolate di 200/300 euro. La media si aggira sui 90/100 euro a notte. Le stanze singole costano meno, gli appartamenti un po' di più. Diverso il discorso per le "stanze condivise" che, allargando la ricerca all'hinterland olbiese, diventano posti su barca a vela.

L'universo che compone questa ricettività è assai variegato. I posti letto offerti dagli olbiesi sono disseminati in tutti i quartieri: zona Bandinu, via Roma, zona San Simplicio e così via. Aree in cui spesso non risultano esserci attività ricettive regolarmente iscritte nel Registro del Comune di Olbia. Si tratta, il più delle volte, di stanze in più affittate o di appartamenti tenuti appositamente liberi per il turista.

Questo tipo di ricettività, se non è regolare, può dare alcuni problemi. Innanzitutto, chi affitta la camera al turista e non dichiara questa attività economica evade le tasse. Se l'appartamento risulta vuoto e mai affittato non viene pagata ad esempio la Tari. Se non si paga la Tari, non si hanno i mastelli e non si fa la differenziata. Se non si fa la differenziata correttamente, la spazzatura va a finire quasi certamente nelle cunette: fenomeno che questa estate è stato drammaticamente al centro delle cronache. C'è poi una sorta di concorrenza sleale nei confronti delle aziende regolari, piccole o grandi che siano, che pagano le tasse come attività ricettiva. Inoltre, il flusso "sommerso" di turisti si riversa sulle strade (le nostre strade), aumentando il traffico. Il tutto senza che il Comune riceva un centesimo di tasse comunali. Nel momento in cui il Comune dovesse applicare la tassa di soggiorno, chi si affida ad Air BnB e non è iscritto del Registro non pagherà tale tassa, creando un circolo vizioso al negativo perché anche i turisti che passano da AirBnB pretendono gli stessi identici servizi garantiti ai turisti che passano per le attività regolari. Accade poi una cosa curiosa: i turisti che utilizzano il servizio di Air BnB pensano che Air BnB sia una categoria ricettiva, come gli alberghi o gli affittacamere, ma ciò vale solo se chi affitta è registrato e paga le tasse, non certo per gli abusivi.

Questo mercato "parallelo" sta creando notevoli problemi soprattutto nelle capitali del turismo mondiale, che stanno correndo di corsa ai ripari. Berlino ha creato la «Zweckentfremdungsverbot»: in pratica, nessuno può affittare camere o appartamenti ai turisti senza un'autorizzazione. Guerra dichiarata agli abusivi, certamente, ma soprattutto a chi compra appartamenti in serie per riaffittarli solo per brevi periodi. Gli speculatori hanno fatto alzare talmente tanto i prezzi delle case e gli affitti che i berlinesi sono stati costretti a trasferirsi in periferia. Altra città che sta proponendo correttivi è Barcellona, che ha deciso aprire un registro per chi affitta tramite i portali come Airbnb. E l'Italia? L'Italia non sta a guardare. Firenze ha proposto un accordo proprio alla società americana per far emergere il sommerso.

La domanda, a questo punto, è la seguente: Olbia preferisce tollerare l'abusivismo turistico (e rinunciare ad importanti introiti) o vuole almeno tentare di regolarizzare questa attività assai diffusa?

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