Thursday, 25 April 2024

Informazione dal 1999

Cronaca

Olbia, mostra fotografica sul Kurdistan: intervista a Dénise Meloni, l'autrice

Olbia, mostra fotografica sul Kurdistan: intervista a Dénise Meloni, l'autrice
Olbia, mostra fotografica sul Kurdistan: intervista a Dénise Meloni, l'autrice
Olbia.it

Pubblicato il 21 February 2014 alle 16:09

condividi articolo:

kurdistan4 kurdistan2 Olbia, 21 Febbraio 2014 – Un popolo, quello Curdo, da sempre costretto a lottare per il solo diritto di esistere. Trenta milioni di persone senza un Stato, senza una capitale, strette in un lembo di terra che si estende dalla Turchia all'Iraq, Iran, Armenia e Siria, convenzionalmente chiamato Kurdistan. Sono i curdi i protagonisti degli scatti di Dénise Meloni, esposti nei locali del Gruppo A.N.S.I. dall'8 al 15 febbraio, durante la mostra fotografica “Newroz, nuovo giorno”. In ogni foto i colori, i volti, le espressioni che ha visto Dénise durante il suo viaggio nel Kurdistan turco, lo scorso marzo grazie alla spedizione organizzata dall'ASCE (Associazione Sarda Contro Emarginazione), un'associazione senza scopo di lucro che si pone come obbiettivo quello di portare avanti iniziative contro l'emarginazione e la discriminazione. Ogni anno una delegazione parte alla volta del Kurdistan. Cosa ha spinto la giovane Meloni ad andarci? Cos'è il Newroz? E' Dénise Meloni a raccontarci questa esperienza. Innanzitutto la prima domanda è scontata: Cosa è il Newroz? Significa "nuovo giorno". Intorno al 18-21 marzo i curdi celebrano l'arrivo della primavera, con tanto di balli e canzoni popolari. I colori predominanti - che poi caratterizzano questo popolo - sono il rosso, il verde e il giallo. Donne e uomini a volto scoperto che senza paura rivendicano i loro diritti. Quello dello scorso Marzo fu un Newroz particolare, dove è stata letta in pubblico una lettera scritta dal leader curdo Abdullah Öcalandal in carcere. Avendolo vissuto per la prima volta, che impressione le ha fatto? Può sembrare un paradosso, ma ho avuto modo di notare quanto siano simili a noi sardi. I i loro balli e i colori dei loro costumi ricordano quelli dei nostri paesi dell'entroterra, specie Mammoiada. Dimostrano una grande voglia di far emergere la loro identità. La domanda nasce però spontanea: perchè il Kurdistan, perchè ha voluto racchiudere nei suoi scatti la storia e le lotte del popolo curdo? La causa curda è sconosciuta alla maggior parte delle persone, o peggio, sono spesso descritti come terroristi, quando in realtà stanno solo praticando resistenza. È per questo che ci tenevo a far conoscere realmente i curdi. Non nascondo che ho avuto un pizzico di delusione quando, tra tutte le scuole, solo il Gramsci si è realmente interessato. Tra i tanti luoghi che ha potuto visitare, quali le hanno trasmesso maggiori emozioni, sia in positivo che in negativo? Di sicuro Nusabyn (Turchia sud orientale ndr) più di tutti; mi ha colpito essere perquisita sin troppo accuratamente una volta arrivata, era la prima volta che qualcuno mi toccava la macchina fotografica. Dopo ciò mi ha colpito ancora di più il coraggio dei curdi. Una marea di ragazzi a volto scoperto che inneggiavano Öcalan in una realtà dove sembra normale mitragliare case e palazzine. Hanno cantato e indossato i loro abiti mettendo a rischio la loro libertà, o peggio, la vita. Dal punto di vista umano come sono i curdi, qual'è stato l'incontro che l'è rimasto più impresso e qual'è il loro punto di vista sui paesi occidentali? Si tratta di un popolo davvero molto ospitale e gentile. Ti racconto un aneddoto: mentre facevo foto alla gente durante il Newroz, cercai un posto dove sedermi, ero stanca. Appena seduta mi si avvicinarono un paio di persone portandomi dell'acqua e del pane, abbiamo poi chiacchierato e discusso. L'essere occidentale non mi ha assolutamente causato problemi ma anzi spesso mi riservarono una poltrona tra i posti d'onore. A Diyarbakir, al confine con la Siria, mi fu impedito di scattare foto in centro, anche se poi nella festa in molti hanno superato la diffidenza. L'incontro che in assoluto mi ha segnata di più è stato con le Madri della Pace. Sono per la maggior parte mogli o madri di guerriglieri morti, ogni settimana organizzano manifestazioni pacifiche per manifestare la violenza di Stato. Le vidi davanti una scuola, si misero una affianco all'altra formando uno scudo umano per proteggere gli studenti. Anche se molto spesso la polizia non si fa intimorire, anzi. Donne che hanno perso i propri figli e non vogliono che succeda ad altre madri. È stato in assoluto l'incontro più toccante, forse anche perchè sono una donna. Circa 12 milioni di curdi occupano il Kurdistan turco, a tal proposito qual'è la sua posizione sull'entrata della Turchia nell'Unione Europea? Entrando a stretto contatto con quella dimensione non so come faccia a reputarsi un paese civile se non rispettano il diritto umano e quelli delle donne. La causa curda dura da sempre e mette in cattiva luce la Turchia e le sue torture, i Desaparecidos e le morti provocate. Facendo un discorso legato alle priorità direi che più che pensare al lato economico volendo entrare in Europa, bisognerebbe esserci un atto di apertura verso i curdi, che sarebbe un gran passo in avanti. Dopo la sua esperienza, ha intenzione di tornare in Kurdistan? Assolutamente, e lo farò questo Marzo perchè ci tengo a vedere le elezioni amministrative. Agli studenti che son venuti alla mostra ho proposto di scrivere un messaggio ai loro coetanei curdi, la proposta è stata accolta con entusiasmo e sarà un grande onore per me portare tutti i loro pensieri a ragazzi che non vivono una vita normale ma che anzi soffrono più di tutti.