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Olbia, mancano lavoratori del turismo

Parla il formatore aziendale Tore Spinosa

Olbia, mancano lavoratori del turismo
Olbia, mancano lavoratori del turismo
Giada Muresu

Pubblicato il 20 April 2022 alle 06:00

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Olbia. Una stagione dalle dinamiche particolari, quella che si affaccia ad Olbia: della carenza di lavoratori stagionali si parla da molto e sono diverse le chiavi di lettura fornite da imprenditori, lavoratori e sindacati.

Abbiamo chiesto a Tore Spinosa, formatore certificato (specializzato in psicologia) e veterano del settore food&beverage di tentare un’analisi di quello che sembra essere il fenomeno del momento: “da quando mi occupo di psicologia del lavoro, mi occupo proprio dei comportamenti sia degli esercenti che dei lavoratori. L’opinione pubblica si spezza sull’idea che ci sia o un problema di retribuzioni troppo basse che determinano una carenza sistematica dei candidati o un problema legato alla mancanza di formazione, che incide quindi sulla richiesta. Secondo me, però, va detto che in Italia il primo nemico sia degli esercenti che dei lavoratori è lo Stato, o meglio la smisurata pressione fiscale che supera il 70% che impedisce agli imprenditori di poter sopportare i costi di un’assunzione in piena regola; basti pensare che un contratto da 1500 euro all’imprenditore ne costa in media 3200. Tra tutte le aziende che seguo, ognuna sarebbe ben felice di offrire regolari contratti full time retribuito secondo contratto nazionale, ma non possono farlo proprio per via dei costi, preferendo magari trovare soluzioni di compromesso come contratti part time e fuori busta; questo è sbagliato, ma è una questione di sopravvivenza. Per questo credo sarebbe utile fornire nozioni anche ai candidati rispetto ai costi dei contratti, così da consentirgli la giusta consapevolezza, non per diventare necessariamente aziendalisti, ma per decidere in coscienza se accettare o meno soluzioni di compromesso, spesso necessarie. Con questo non voglio dire che non sia corretto pretendere una giusta retribuzione secondo il proprio grado di formazione, ma che un maggior grado di consapevolezza gioverebbe nel trovare una mediazione tra le parti”.

Un altro punto essenziale, accanto alla questione retributiva, sembrerebbe essere quello della formazione: “mi viene richiesta la presenza soprattutto nel primo mese di avvio locale per gestire le dinamiche comportamentali, oltre che tecniche. Qui si apre un grande nodo, perché se è possibile insegnare come fare un buon cappuccino o come portare i piatti, non è possibile insegnare l’orientamento al cliente; quello è qualcosa che hai in maniera innata, come un talento naturale, una predisposizione alla comunicazione ed alla relazione, tratto fondamentale per riuscire nel mestiere. A questo proposito sottolineo che andrebbe modificata l’offerta e l’organizzazione didattica dell’istituto alberghiero, fornendo strumenti e competenze davvero utili ai ragazzi per offrire una buona infarinatura di base (banco, sala, cucina) che consenta poi di specializzarsi, ma sapendosi già muovere nel mondo del lavoro. Ad oggi trovo ci siano parecchie lacune, in primis quella della lingua inglese, poco studiata ma essenziale per lavorare nel settore. Non è concepibile non saper dare un’informazione colloquiale in inglese. Ancora, manca la capacità di far appassionare i ragazzi a questo tipo di lavori; i docenti dovrebbero avere, più che un quoziente intellettivo, un’intelligenza emotiva più alta, parlare meno di ordini e regole e più del senso di soddisfazione nel riuscire a servire un ottimo cappuccino. Si sta perdendo il senso di questo lavoro, che è basato tutto sulla relazione col cliente” conclude Spinosa.