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Cronaca

Olbia, l'odissea del cargo Massimo M è finita

Olbia, l'odissea del cargo Massimo M è finita
Olbia, l'odissea del cargo Massimo M è finita
Angela Galiberti

Pubblicato il 20 June 2013 alle 19:34

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Olbia - Ci ha messo più di I vigili del fuoco salgono a bordo della Massimo M. I vigili del fuoco salgono a bordo della Massimo M. il cargo Massimo M. della Moby Cargo ad arrivare in porto ad Olbia. Il Massimo M. è la nave ro-ro vittima del principio d'incendio in sala macchine che ha tenuto col fiato sospeso Direzione Marittima e Vigili del Fuoco di Olbia per tutta la giornata di mercoledì. A portare il cargo nel porto industriale Cocciani sono stati due rimorchiatori più una motovedetta della Guardia Costiera (in foto). Un'operazione resa più lenta dal forte vento di maestrale che, ieri, ha spazzato le coste galluresi. Il cargo è stato rimorchiato per una questione di sicurezza. Il principio di incendio è stato domato grazie al sistema di sicurezza interno alla sala macchine. Questo sistema ha inondato il cuore meccanico della nave con anidride carbonica: in questo modo, è stato tolto il combustbile primario del fuoco, vale a dire l'ossigeno. Per precauzione, i motori sono stati spenti e si è deciso di portare la nave in porto con i rimorchiatori. Arrivati ad Olbia dopo 10 ore di navigazione a passo di lumaca, il Massimo M. ha trovato l'ennesima difficoltà: attraccare senza motori con il maestrale contro. La manovra è stata lunga, lenta, difficile. Quanto tutto sembrava finito, ecco l'imprevisto: una cima che si rompe. Nessuno si è fatto male, ma il rischio stato alto. Alla fine, per tenere il Massimo M. vicino alla banchina è stato usato un rimorchiatore. A questo punto, sono entrati in scena gli uomini a terra. A coordinare le operazioni è stata la Direzione Marittima guidata dal Comandante C.V. Nunzio Martello. Sul posto una importante rappresentanza dei Vigili del Fuoco, pronti per ogni evenienza. Ad entrare per primi nella Sala Macchina sono stati proprio i pompieri muniti di tute e bombole d'ossigeno, poi i macchinisti. Il loro compito è stato quello di verificare le condizioni della sala macchine. A terra, tutto era pronto per l'apertura del portellone. Un momento critico perchè l'apertura del portellone avrebbe portato ossigeno dentro la sala macchine e dunque il fuoco avrebbe potuto riprendere vita. Una cosa già successa in passato, in un altro porto e con un'altra nave. Le macchine in movimento, la gru dei vigili del fuoco, il continuo chiamarsi via radio, gli operatori in attesa, la lentezza delle operazioni, le cime tese come corde di violino, i responsabili della Moby sul posto, l'accesso regolato al molo Cocciani. Sembrava tutto finto, frutto dell'ennesima esercitazione. E, invece, era la vita reale - quella che, questa volta, ha regalato un grosso spavento e un lieto fine.