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Cronaca

Lavoro low cost: epidemia nel settore alberghiero

Lavoro low cost: epidemia nel settore alberghiero
Lavoro low cost: epidemia nel settore alberghiero
Angela Galiberti

Pubblicato il 27 May 2013 alle 17:30

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Olbia - L'hanno scorso il tentativo della Valtur di utilizzare mano d'opera a basso costo importata nel villaggio di Santo Stefano a La Maddalena è stato stoppato. Ma questo modus operandi non è affatto tramontato, anzi. Ad affermarlo è la Cisl Gallura attraverso il suo segretario provinciale Mirko Idili. La situazione del comportato turistico gallurese, per quel che riguarda l'occupazione, sta diventando molto preoccupante. Gli stagionali locali, da sempre impegnati nelle strutture ricettive del posto - da quelle più grandi e strutturate a quelle a conduzione familiare, sono in gravissima difficoltà. In genere, la gran parte dei lavoratori impiegati negli alberghi riusciva ad ottenere un'occupazione nei mesi di Marzo/Aprile: mesi cruciali per gli albergatori sia per le festività presenti, sia per la preparazione delle stesse strutture ricettive in vista dell'estate. In questo 2013 pieno di difficoltà per tutti, anche gli stagionali del settore turistico arrancano e non solo per via della crisi economica. I più fortunati sono i galluresi impiegati nelle strutture a conduzione familiare: pur tra mille difficoltà, infatti, queste piccole aziende mantengono mano d'opera locale. Ma per gli altri non è sempre così. "L'anno scorso siamo riusciti a stoppare la Valtur - racconta Mirko Idili - quest'anno la situazione è molto più grave". Il mercato dei lavoratori low cost provenienti dall'estero (Romania e Bulgaria in testa) è molto più che fiorente. "Abbiamo segnalazioni da tutta la Gallura - sottolinea Idili - le principali provengono da Arzachena, Budoni, Baia Sardinia. Sappiamo di 40 assunzioni low cost in due alberghi gestiti da un'unica società. L'unico posto che si salva è Porto Cervo". I lavoratori low cost vengono assunti tramite agenzie straniere specializzate. Lo stipendio è quello garantito dai contratti italiani, ma i contributi previdenziali sono quelli dei paesi d'origine e vengono versati nei paesi d'origine. Dove sta, dunque, il problema? "Questi lavoratori vengono assunti con uno stipendio di 1200 euro - racconta Mirko Idili - che rappresenta il triplo o il quadruplo di uno stipendio romeno o bulgaro". E' conveniente per i lavoratori? "Queste persone, al di là quel ce c'è scritto nel contratto, sono in servizio continuato e permanente - spiega il segretario della Cisl - ad esempio prima fanno il loro turno ai piani e poi vanno a dare una mano in cucina. Sul contratto però c'è scritto che devono fare i piani. Vengono sfruttati e nemmeno se ne rendono conto". Non si possono denunciare? "Le segnalazioni che arrivano provengono da persone sindacalizzate che però vogliono rimanere anonime perchè rischiano il posto di lavoro - continua Idili - dimostrare lo sfruttamento non è facile. Ad un controllo possono sempre dire che il lavoratore ai piani sta dando una mano in cucina perchè il ragazzo della cucina è ammalato. E dato che il lavoratore romeno prende uno stipendio alto per i canoni romeni non c'è nessun interesse alla denuncia da parte degli stessi dipendenti sfruttati". Quali sono le conseguenze per il territorio? "Ovviamente il dumping, la concorrenza sleale - sottolinea Idili - le aziende che sfruttano questo sistema, che è assolutamente legale, fanno concorrenza giocando sul costo del lavoro. Chiaramente un'azienda che assume mano d'opera locale spende molto di più, quindi nel lungo periodo anche chi non utilizza questo sistema sarà costretto ad adeguarsi. Alla fine ci rimetteranno la qualità del servizio reso al turista e i lavoratori locali, che si ritroveranno tutti disoccupati". Quali sono i settori colpiti? "Per adesso solo i lavori a bassa specializzazione - rimarca Idili - cioè manutentori, giardinieri, cameriere ai piani. Per ora direttori, maitre, receptionist non rischiano molto. Ma solo perchè all'estero non hanno sviluppato le competenze". La politica che dice? "Stiamo denunciando questo sistema dal 2012 - racconta il segretario Cisl - e la politica non ha fatto nè detto niente"