Wednesday, 13 November 2024
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Pubblicato il 20 October 2024 alle 19:30
Olbia. Giorgio Bardanzellu compirà 92 anni il mese prossimo. È stato un personaggio che ha vissuto e ha osservato la città di Olbia da più punti di vista. È stato studente, professore, uomo politico, padre, nonno e bisnonno. Lo incontriamo nella sua attuale residenza in una traversa laterale di Viale Aldo Moro e non ci lasciamo sfuggire l’occasione di intervistarlo.
Cominciamo chiedendogli dell’ambiente familiare e della casa dove è nato. «Sono nato il 7 novembre 1932 – ci risponde - in una palazzina che esiste ancora, posta in una piazzetta all’angolo tra le attuali Via Napoli e Via San Giovanni (foto 3). Allora, davanti al villino parcheggiavano le carrozze. Ora l’abitazione è adibita a studio professionale di mio figlio Giovanni e di sua moglie Simona. Ho abitato lì anche dopo il matrimonio. Nel 1963 ci siamo trasferiti nella casa oggi al numero 64 di Corso Umberto I. Si tratta di un palazzetto che fu costruito dal mio bisnonno materno Battista Tamponi, farmacista. Fu lui, intorno al 1870, ad aprirvi al pian terreno la prima farmacia di Terranova Pausania. Nella palazzina si erano resi liberi dei locali per la morte delle mie zie Ninetta e Lucietta. La prima aveva gestito l’antica farmacia Tamponi subentrando alla madre e al nonno; la seconda era stata direttrice dell’ufficio postale, anch’esso al piano terra, dove oggi c’è un ristorante alla moda. Rimanemmo lì sino al 1971, poi ci
siamo trasferiti in Viale Aldo Moro».
Ci parli della sua famiglia di origine: genitori, fratelli, altri occupanti della casa di Corso Umberto.
«Eravamo quattro fratelli. Purtroppo l’ultimogenito Giuseppe ci ha lasciato a soli trentuno anni, per un disgraziato incidente stradale. Al primo piano della casa di Corso Umberto c’era lo studio medico di mio
padre Achille, che però negli anni sessanta non esercitava più, essendo ormai anziano e rimasto invalido alle mani. Vi abitavano ancora, però, due personaggi molto simpatici, il vedovo di mia zia Lucietta, Antonino
Leoni e il cugino di mio padre, Battista Mossa. Antonino Leoni era già stato sposato e con una figlia (all’epoca ancora piccola) prima di sposare mia zia Lucietta che era addirittura una sua cugina di primo
grado. Non era raro, in quei tempi. Burbero e imponente, zio Antonino faceva l’usciere nell’ufficio postale diretto dalla moglie, che penso sia stata la prima direttrice donna di ufficio postale sicuramente della Sardegna ma, forse, di tutta Italia. Essendo il marito della direttrice trattava gli impiegati a muso duro, pur essendo formalmente un loro sottoposto».
«Battista Mossa, invece – che era figlio di Barbarina Tamponi, sorella di mia nonna Marietta – aveva combattuto nelle trincee della Prima Guerra Mondiale. Era solito offrirsi a pagamento per sostituire quei soldati terrorizzati che venivano sorteggiati per spalmare di gelatina esplosiva il filo spinato delle trincee austriache. Poi fu mandato a combattere in Africa e, quando tornò a Olbia, era diventato nero come un tizzone, tanto che al bar fu scambiato per un soldato ascaro. Purtroppo per lui non riuscì più ad abituarsi al clima temperato di Olbia ed aveva sempre freddo. Tanto che il burbero zio Antonino era solito prenderlo in giro: “Battista, oggi c’è il sole, mettiti il cappotto!”».
Giorgio, lei che studi ha fatto?
«Da bambino ho frequentato le scuole elementari pubbliche di Terranova Pausania. Poi, a nove anni e mezzo, mi hanno mandato all’Istituto salesiano Sant’Eusebio di Lanusei. Qui sono “mezzo” scappato ma poi mi hanno ripreso e riportato a casa. Tra il 1943 e il 1947 ho frequentato il ginnasio del Collegio Carta-Meloni di Santu Lussurgiu, poi il liceo nella scuola pubblica di Ozieri. Infine mi sono iscritto all’Università di Sassari, alla facoltà di Giurisprudenza».
Come è cambiata la scuola? Ci faccia un paragone tra i tempi in cui lei è andato a scuola, la scuola come era quando lei insegnava, e la scuola di oggi che hanno frequentato i suoi figli e nipoti.
«Beh, per me la disciplina dei Salesiani di Lanusei fu uno shock: guai a chi fiatava! Una volta mentre andavamo in fila per la ricreazione scambiai sottovoce qualche parola con un compagno e fui punito con la privazione della visione del cinema. Un alunno poteva essere punito anche se per distrazione gli cadeva in terra il vocabolario. Adesso c’è molta più “liberalità” rispetto ai tempi in cui andavo a scuola io».
Cosa ricorda della Guerra?
«Quando vi fu il bombardamento su Olbia del 14 maggio 1943, noi eravamo in campagna a Tralana, presso Luogosanto. Dalla campagna, però, abbiamo potuto vedere bene gli aerei che sganciavano tonnellate di bombe. Ma le incursioni aeree sono continuate. Qualche settimana dopo ci siamo trasferiti a Cabu Abbas, sempre in campagna. Di lì vedemmo perfettamente l’abbattimento di un aereo americano da una postazione di contraerea italiana allestita sopra il pozzo sacro Sa Testa. L’aereo cadde nella campagna tra Arzachena e Cannigione. Il pilota si salvò ma fu fatto prigioniero dai pastori con i fucili. Poi, noi siamo nuovamente sfollati ad Alà dei Sardi».
Nel periodo della sua carriera didattica che cosa ha insegnato?
«Sono stato insegnante di storia e filosofia al liceo classico di Ozieri, poi grazie a un concorso a punti ebbi l’incarico di insegnante di italiano e storia all’istituto tecnico agrario di Olbia e all’istituto professionale. In quegli anni c’era già più libertà. C’era l’intervallo alle 11.30 per la ricreazione e gli alunni erano più liberi. Negli anni Sessanta sono passato di ruolo e infine sono andato in pensione a 52-53 anni».