Olbia, 19 febbraio 2019 - Continua a far discutere la puntata di
Linea Verde andata in onda domenica scorsa in cui si è parlato di
Sardegna e in particolare della storia del
popolo nuragico. Storia affascinante che è stata illustrata, tra gli altri, dal dottor
Rubens D'Oriano: responsabile della Soprintendenza di Sassari e Nuoro, nonché archeologo e profondo conoscitore del territorio olbiese (e non solo). Durante la puntata il programma ha dato spazio anche ad altre
teorie: quelle che il mondo accademico definisce, ormai da molto tempo, come "
fantarcheologia". Inevitabile lo
sfogo, pubblico, del dottor D'Oriano che - insieme al dottor
Francesco Carrera - ha firmato una lunga lettera che vi riproponiamo integralmente. "Attorno ai gg 12-13 gennaio il personale organizzativo della puntata di Linea Verde andata in onda domenica 17 u. s. prese
informalmente contatto con il funzionario archeologo di questa Soprintendenza, Rubens D’Oriano, direttore della Sede Operativa di Olbia, in relazione alle
autorizzazioni da rilasciare per le riprese televisive di alcuni monumenti archeologici della Gallura. Il funzionario
raccomandò caldamente sia al personale organizzativo sia alla troupe, in occasione delle riprese al pozzo sacro nuragico di Olbia – nel cui ambito è stata girata, e poi messa in onda, un’ intervista al medesimo - , di attingere le informazioni da trasmettere, inerenti la storia antica e l’archeologia, da fonti serie, professionali ed attendibili", raccontano i due archeologi. "Tale raccomandazione è stata ribadita dalla Soprintendenza nella stessa nota di autorizzazione formale alle riprese, inviata alla Rai. Ciononostante la trasmissione ha dato voce e volto anche a dilettanti, uno dei quali del tutto indebitamente definito “archeologo” nel sottopancia, che da anni propugnano assurdità pseudoscientifiche che grave danno arrecano alla corretta divulgazione e valorizzazione dei beni archeologici dell’Isola. Il marchio “Rai” ha così contribuito sia a dare crisma di credibilità ai dilettanti intervistati, sia a svilire l’immagine di questa Soprintendenza accostando, nello stessa puntata, il funzionario archeologo a chi diffonde pseudoscienza della peggiore. È inutile sottolineare che la Soprintendenza nulla sapeva dell’intero contesto della puntata, e questo è sempre il punto cruciale in questi casi", continua il post pubblicato sulla pagina ufficiale della Soprintendenza di Sassari e Nuoro. "Infatti, chi dovesse, giustamente, invocare che le Soprintendenze non concedano l’autorizzazione alla riprese televisive quando i programmi gettano nel ridicolo i beni culturali e chi ci lavora seriamente, deve sapere che si tratta di materia complessa e non sufficientemente regolamentata, perché vede contrapporsi due diritti/doveri: quello di tutelare la dignità dei beni culturali da un lato e quello di una informazione libera da censure dall’altro", continuano D'Oriano e Carrera. "L’ideale sarebbe che le emittenti televisive trasmettano alle Soprintendenze preventivamente l’intera scaletta dettagliata della trasmissione, così da poter valutare se i monumenti e gli archeologi della Soprintendenza si troveranno in buona o pessima (come nella puntata di Linea Verde) compagnia. Ma ciò si pone appunto in quella zona grigia tra i due diritti/doveri sopra accennati: è difficile che una emittente accetti di inviare l’intera scaletta della trasmissione, trincerandosi dietro la libertà di informazione. Ma noi in futuro ci proveremo", concludono i due archeologi. Questo lo sfogo della Soprintendenza, ma non è il solo. Un altro sfogo, sempre dello stesso tenore, arriva dalla ricercatrice
Rita Borioni che è stato ribattuto da molti colleghi e colleghe sia nelle proprie bacheche che nei gruppi dedicati all'Archeologia e alla ricerca scientifica in materia. Una vera e propria "sommossa" popolare sul web.