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Olbia. Disabilità: "basta col pietismo, basta con parole accomodanti"

Olbia. Disabilità:
Olbia. Disabilità:
Angela Galiberti

Pubblicato il 14 September 2017 alle 16:21

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Olbia, 14 settembre 2017 - Disabile, handicappato o diversamente abile? Bambino meno fortunato o semplicemente bambino? Cieco o non vedente? Sordo o non udente? Quante volte ci si è sentiti in difficoltà di fronte alla disabilità di una persona e ci si è ritrovati a infarcire le parole di tanti piccoli eufemismi tentando di essere delicati e/o educati? Bene: queste sono le meraviglie del politicamente corretto spinto oltre gli estremi. Un politicamente corretto che non descrive la realtà e che non aiuta assolutamente l'integrazione. Non ci credete? Ecco la pungente e ficcante riflessione di Veronica Asara, presidente dell'associazione olbiese SensibilMente Onlus.

Una riflessione dedicata tutta alle parole e al loro significato, all'uso che se ne fa e agli effetti che queste hanno sulla società e sulla percezione che si ha di se stessi e degli altri.

Le parole. Le parole. LE PAROLE. 1- Diversamente abili NON esiste, è un accomodamento quasi vezzeggiativo di chi ritiene che disabili sia una "parolaccia". Siamo tutti diversamente abili, ognuno abile in qualcosa e in qualcos'altro no. Disabile lo è solo chi vive una disabilità. 2- Meno fortunati oppure un po' più sfigati è la stessa cosa. Dare del "meno fortunato" ad un disabile è fargli notare quanto è sfigato. Non è proprio una gentilezza, fatta in buona fede ma pur sempre di cattivo gusto. Possiamo anche aprire un dibattito su chi è più o meno fortunato e perché. La disabilità è una condizione che deriva da un fatto sociale, troppo spesso la si confonde con la malattia che è una condizione sanitaria di chi può anche non essere disabile. Così è fin troppo facile cadere in equivoco disabile=malato. Ci sono disabili che in ambienti adeguati, accessibili, fruibili non sono disabili affatto, hanno le stesse facoltà di tutti gli altri. La fortuna e il suo rovescio sono concetti estremamente labili, soggettivi e di prospettiva. 3 - Bambini/ragazzi/genitori speciali. Questo equivale a chiuderci in un recinto. Sempre con la stessa buona fede, con lo stesso spirito partecipativo di fatto ci si esclude (ci si, perché è una forma usata anche da molti genitori e familiari di disabili). Speciali? E quale sarebbe questa specialità? Tu sei speciale e io normale, questo è il messaggio di fondo. Mi svaluto nella banale normalità purché quello speciale sia tu. Facciamo che siamo tutti e un po' normali e un po' speciali. Invece le persone (persone) con disabilità possono essere stronze, insopportabili, chiedere oltre ciò che gli è dovuto e usare la propria disabilità, essere prepotenti. Persone, questa è la costante che ci accomuna tutti. La svolta culturale necessaria è quella che permetterà il passaggio dal pietismo dei bambini speciali e dei meno fortunati alla visione legata ai DIRITTI, l'unica vera rivoluzione culturale che potrà migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità. Quando riuscirete a fare questa svolta non sentirete più il bisogno di utilizzare parole e appellativi accomodanti, potrete, in tutta serenità, mandare a cagare un disabile arrogante e potrete battervi per i suoi sacrosanti diritti quando necessario. Fine.
Veronica Asara
Presidente SensibilMente Onlus - Olbia