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Olbia, Coronavirus: crollano i fatturati delle aziende "cinesi". L'appello: non abbiate paura

Olbia, Coronavirus: crollano i fatturati delle aziende
Olbia, Coronavirus: crollano i fatturati delle aziende
Angela Galiberti

Pubblicato il 05 February 2020 alle 14:35

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Olbia, 05 febbraio 2020 - Non solo Milano: anche a Olbia la comunità cinese sta sentendo lo "scossone" del Coronavirus. Uno scossone che fa rima con paura e che si traduce materialmente in un crollo dei fatturati aziendali.

Per capire cosa sta succedendo abbiamo sentito uno dei tanti imprenditori olbiesi di origine cinese: Luca Hu, titolare di diverse attività imprenditoriali tra cui il ristorante Yoku di Viale Aldo Moro.

"Fino a lunedì scorso non ci siamo accorti di nulla - spiega l'imprenditore -, poi c'è stato il tracollo. Stiamo perdendo l'80% del fatturato".

Non è un problema che riguarda solo un ristorante, ma tutte le attività riconoscibili come "cinesi", e colpisce tutta la comunità nel suo complesso.

Una comunità che dà lavoro a tante persone, molte delle quali italiane e di altre nazionalità.

"Ho un'altra attività, non legata alla ristorazione, che è stata caratterizzata in modo molto italiano - spiega - e lì non abbiamo notato alcuna perdita. Le persone continuano a venire".

La paura, dunque, c'è ed è palese: colpisce prevalentemente i ristoranti, ma anche i negozi "cinesi" di abbigliamento non se la passano benissimo.

Paura dettata a volte dal pregiudizio o dalla convinzione errata che il virus possa diffondersi con il cibo o dall'idea che tutte le persone di origine cinese vengano da Wuhan o che siano appena tornate dal Paese di Mezzo.

Luca Hu non va in Cina da 15 anni, è cittadino italiano, ha adottato un cagnolino alla Lida e i suoi dipendenti tutti olbiesi tranne due: uno chef cinese e un ragazzo di origine africana.

"Non importiamo nulla dalla Cina, usiamo materie prime per lo più italiane - continua -. Purtroppo i pregiudizi resistono".

Pregiudizi esternati in tanti messaggi su Facebook, anche a Olbia.

"Molti credono che tutti i cinesi mangino i cani, ma solo una piccola parte della popolazione cinese lo fa. In Cina ci sono tantissimi animalisti che si battono contro questa usanza. Anche il famoso video del pipistrello che è circolato in questi giorni non è cinese: è stato fatto in Indonesia".

C'è poi l'altra faccia della medaglia, quella di un grande Paese che sta affrontando la quarantena di milioni di persone per cercare di isolare il virus.

"I miei nonni sono in Cina e vivono a diverse centinaia di chilometri dall'area in quarantena - continua l'imprenditore -. Il Governo cinese ha preso molto sul serio il problema, ma non c'è preoccupazione".

Ovviamente non si tratta di sottovalutare il problema (che le Autorità stanno prendendo molto sul serio), ma di affidarsi agli esperti e di non cedere alla paura: non basta avere semplicemente gli occhi a mandorla per diffondere il coronavirus.

L'appello non può che essere il seguente: combattiamo il pregiudizio, la paura, le fake news e non lasciamo sola comunità olbiese cinese. Anche loro, come tutti, concorrono alla ricchezza e alla straordinaria forza di questa città.

Intanto, in Cina, pare abbiano trovato una possibile cura.