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Cronaca

Max Caria e il Cho Oyu: l'impresa dell'unico sardo che ha portato i 4 mori oltre gli 8000 metri

Max Caria e il Cho Oyu: l'impresa dell'unico sardo che ha portato i 4 mori oltre gli 8000 metri
Max Caria e il Cho Oyu: l'impresa dell'unico sardo che ha portato i 4 mori oltre gli 8000 metri
Angela Galiberti

Pubblicato il 10 September 2015 alle 17:33

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Olbia, 10 Settembre 2015 - Ha l'aria signorile di un gentleman e lo spirito di un guerriero: umano, vero, forte, capace di sentire la paura e di rispettarla. Max Caria è uno di quei sardi che possono passare alla Storia per le sue imprese e lui, di imprese, ne ha già fatte molte. L'ultima è la più importante: superare gli 8000 mila metri, conquistare la vetta del Cho Oyu (la sesta al mondo) e sventolare nell'aria rarefatta della catena dell'Himalaya una superba bandiera dei 4 mori.

Questa impresa, l'impresa del Cho Oyu, è diventato un libro scritto a quattro mani con un altro sardo da guinnes, Alberto Cauli, già autore di un volume sull'impresa di Ernesto Campanelli che, insieme a Francesco de Pinedo, portò nel 1925 un idrovolante in Australia dall'Italia.

Questa mattina, nella sala Lodovici dell'Aeroporto Costa Smeralda, Cho Oyu è stato presentato dai diretti protagonisti: Carlo Delfino (editore), Max Caria (alpinista) e Alberto Cauli (co-autore, in collegamento Skype da Auckland - Nuova Zelanda). L'incontro è stato moderato dal giornalista Alessandro Pirina.

"Per noi questa è una collaborazione interessante - ha esordito Carlo Delfino -. Ci vede insieme a una società, la Geasar, impegnata a promuovere il turismo. La gioventù sarda oggi si muove, viaggia, è alla ricerca di nuovi traguardi".

La presentazione letteraria è, infatti, inserita nel proteggo Olbia Airport Racconta: una serie di eventi, come ha spiegato il dott. Mario Garau, che puntano a raccontare le eccellenze sarde attraverso le persone.

Cho Oyu è una biografia sportiva, ma non solo: è il racconto di un viaggio, è un libro fotografico, è un pezzo di vita vissuta intensamente. E' anche un progetto, il Progetto Everest, con il quale Max Caria vuole raggiungere traguardi importanti come salire letteralmente sul tetto del mondo: l'Everest che, dalla vetta del Cho Oyu, si può ammirare in tutta la sua bellezza, essendo distante solo 27 km in linea d'aria.

Arrivare in cima al Cho Oyu non è stato facile, non è mai facile per nessuno, nemmeno per l'atleta più in gamba e forte. Scalare le cime della catena dell'Himalaya è difficile, faticoso e pericoloso, ma - come ha detto Max Caria - vedere l'alba da un posto del genere è sicuramente una delle cose per cui vale la pena vivere.

L'impresa del Cho Oyu è stata compiuta nel Settembre 2014. La spedizione era composta da 4 alpinisti: un sardo, un francese, un polacco e un giapponese. Come nelle migliori barzellette, vien da dire. "Ho fatto amizia col compagno francese - racconta l'alpinista Max Caria -, abbiamo diviso la tenda. Il giapponese non è riuscito ad arrivare in cima, mentre il polacco è morto il mese scorso in azione. La nostra era una piccola spedizione. Oltre a noi 4, vi erano altre 5 persone tra cuoco, aiuto cuoco e guida".

Max Caria è originario di Oristano: un posto non certo famoso per le vette. "Ho sempre avuto questo amore nel cuore e finché ho potuto, ho praticato tutto ciò che era possibile fare in Sardegna - continua l'alpinista oristanese -. Poi ho scalato il Monte Bianco ed è partito tutto. Fin tanto che sono rimasto in Italia non ho mai sentito l'esigenza di portare con me la bandiera sarda. Poi ho iniziato le spedizioni internazionali e ho iniziato a portarla sempre con me".

Per arrivare sul tetto del mondo bisogna andare in Nepal e da lì arrivare al campo base: l'ultimo punto che si può raggiungere con i mezzi di trasporto. Dal campo base al campo base avanzato bisogna usare gli yak nepalesi: una sorta di bufalo delle nevi. Sono questi animali a trasportare materiale e viveri al campo base avanzato: da lì in poi, sono gli alpinisti a doversi creare i campi per la scalata alla vetta e a portare provviste e tende.

"La vita lassù è difficile, fa sempre molto freddo e l'acqua allo stato liquido non esiste - continua l'alpinista sardo -. In 40 giorni ho fatto due docce. Poi, il clima cambia rapidamente e la cosa peggiore è la noia".

La vita, a 7000 metri, è molto difficile: l'aria è così rarefatta che ogni passo è talmente faticoso da richiedere uno o due minuti di riposo. Più si sale in alto, più è difficile muoversi. Non per questo mancano le occasioni per divertirsi e per socializzare. "Per scalare queste montagne vi è solo un periodo e così, quando siamo arrivati al campo base, vi erano tante altre spedizioni in contemporanea - racconta Max Caria -. C'era una spedizione di italiani e ci siamo presentati. E' stato un momento di grande allegria e di grandi feste. Io avevo portato la bottarga, un altro aveva l'olio e alla fine siamo riusciti a cucinare gli spaghetti alla bottarga a 7000 metri!".

A 7000 metri è difficile anche mangiare, per questo gli alpinisti portano con loro cibi altamente appetibili. Caria, con sè, aveva anche gli amaretti della mamma, il torrone e il cioccolato. PIccoli piaceri che, a 7/8000 metri salvano la vita.

"Il Cho Oyu, in vetta, è un altipiano - racconta Max Caria -. SIamo rimasti lassù solo 20 minuti perché le condizioni meteo cambiano repentinamente. Abbiamo avuto giusto il tempo di fare qalche foto e di renderci conto che ce l'avevamo fatta".

Poi la discesa, il momento più critico, e alla fine la gloria: quella di essere stato il primo sardo a superare gli 8000 metri.

"E' una bella storia - ha detto il co-autore, Alberto Cauli -, una di quelle storie che vale la pena raccontare. Ha un fascino antico. Ed è la prima volta che vediamo un nostro conterraneo sul tetto del mondo e la prima volta che vediamo la bandiera dei 4 mori a 8000 metri. Nonostante, adesso, si usi tanta tecnolgia, ci sono ancora aspetti tradizionali in queste spedizione, come l'uso degli yak". Non solo: prima di ogni spedizione, un bonzo fa un rito speciale per rendersi amica la montagna. Senza questo rito nessun alpinista può partire.

Il libro racconta questa straordinaria impresa (nonché la carriera sportiva di Caria) e prepara tutti alla seconda parte del progetto Everest. Per questa impresa, cioè scalare l'Everest, che dura una sessantina di giorni, Caria sta cercando sponsor. Il costo del progetto si aggira intorno ai 30mila euro.