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Golfo Aranci: l’ultima causa dell’avvocato Angela Madeddu

Golfo Aranci: l’ultima causa dell’avvocato Angela Madeddu
Golfo Aranci: l’ultima causa dell’avvocato Angela Madeddu
Patrizia Anziani

Pubblicato il 22 August 2018 alle 16:09

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Golfo Aranci, 22 agosto 2018- Ho conosciuto Angela in uno di quei viaggi che ogni tanto si concedeva con l’affiatatissima sorella assistente di volo. Lei invece, pur dotata di sorriso e portamento, aveva scelto la carriera di avvocato, dopo gli studi a Sassari e il praticantato nello studio legale Altana, decidendo quindi di specializzarsi in cause civili.

L'avvocato Madeddu viveva ed esercitava la sua professione ad Olbia. Condivideva lo studio con un socio, Agostinangelo Demartis, e una volta alla settimana, per venire incontro a coloro che non avevano possibilità di raggiungere facilmente Olbia, si recava nella sua Golfo Aranci, luogo natio a lei sempre caro.

Alternava gli impegni di lavoro, in cui era ligia e attenta ad ogni minimo dettaglio, alle serate con le amiche nel fine settimana. Amava ballare Angela, amava la musica ed era una persona di fede, generosa e partecipe alla vita comunitaria della sua parrocchia. Una vita vissuta apparentemente come le altre, ma così non era e l’essere donna single in fondo non le pesava: aveva il vantaggio di poter rinunciare con più facilità a qualche bene materiale per se stessa e far felice uno sconosciuto bisognoso.

Angela era combattiva e tenace, come il mestiere di avvocato le aveva insegnato ad essere. O forse era un bravo avvocato proprio perché lei era così, pure essendo anche calma e dolce, rassicurante. Ed è quello che ha trasmesso a tutte le persone cui voleva bene, fin dal suo primo intervento e le prime necessarie, ma devastanti cure.

Ricordo, ci incontrammo per le canoniche ed estenuanti visite di invalidità, mentre io accompagnavo mio padre in sedia a rotelle. Entrò prima Gianna, la sorella che conosco fin da quando ho cominciato ad indossare una divisa da assistente di volo. Ci guardammo complici. Dovevamo trattenere entrambe le lacrime, cercare di intrattenere discorsi di circostanza. Certo, noi avevamo anni di esperienza alle spalle, professionalità in ogni situazione, bella o brutta, ma sia io che lei avevamo una storia in comune troppo triste da raccontare, e la realtà imminente di un dolore sordo e insondabile era ora a un passo da noi.

Angela portandosi addosso i segni della ricaduta, camminava con grossi ed evidenti sforzi. A nulla servirono i suggerimenti di invito a scegliere una sedia a rotelle per fare il tragitto che dalla macchina l’avrebbe portata nella sala d’aspetto. Sedia con la quale, in quel luogo, troppo spesso entra chi invece può realmente camminare, e bene, con la segreta speranza di avere più punteggio. Angela no, non volle sedersi neanche quando glielo chiesi io, non voleva mostrare condizioni peggiori di quelle nelle quali si trovava. La malattia non aveva vinto il forte senso di giustizia e il dovere di non togliere ad altri ciò che non vorresti che ti venisse tolto.

Stavo rivivendo un attimo da trattenere in un lungo respiro, il mio grande dolore della giovinezza. Negli occhi di Angela vedevo i capelli di mia sorella strappati dalla chemio, il cortisone che gonfia inesorabilmente la faccia, i segni indelebili del rigetto post trapianto, che aiutano a contare i sogni di una vecchiaia che non ci sarà. Un grido muto fermato da un sorriso: “Ciao Patrizia, anche tu qui?”. Mi vergognai un poco, sentendomi troppo sana per non riuscire a condividere tutto quel dolore con chi, con infinita dignità e compostezza, mi si presentava davanti. “Sono qui per mio padre” risposi. Vidi il suo viso rattristato. Angela si preoccupava delle sofferenze degli altri,le sue le portava addosso come una croce leggera, la sua forte fede incrollabile la accompagnava in ogni istante.

“Cara Angela…in questi quattro lunghi anni di malattia non hai mai smesso di sorridere, di lottare, di credere in un miracolo”. Un mese fa, “in una bella giornata di sole estivo te ne sei andata lentamente e serenamente.” Così hanno detto fra le lacrime il fratello e le sorelle nel giorno del suo ultimo saluto alla piccola Golfo Aranci, che si affaccia sul golfo adagiata “sulle rocce dicapo Figari, nere sul cielo d’argento”, di deleddiana memoria.

Un mese fa Angela se n’è andata, aveva la mia età. Una giornata calda di sole l’ha aiutata a volare più in alto del cielo, senza mai perdere la speranza, la speranza di vedere il male che l'aveva vinta finalmente sconfitto. Angela ha deciso di offrire la sua ultima causa alla AIRC, Associazione Italiana per la ricerca sul cancro. Una richiesta di donazione, quella che si farebbe anche per un solo fiore, per dare nuova speranza a chi sta lottando ogni giorno contro il cancro. Lo ha fatto nel suo stile discreto, attraverso i suoi familiari che le sono stati vicini fino all'ultimo istante. Oggi23 agosto, alle ore 19, presso la parrocchia san Giuseppe di Golfo Aranci verrà celebrata una messa in suo suffragio.