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Cronaca

Sardegna: si celebra la giornata internazionale della lingua materna

Sardegna: si celebra la giornata internazionale della lingua materna
Sardegna: si celebra la giornata internazionale della lingua materna
Olbia.it

Pubblicato il 23 February 2018 alle 20:03

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Olbia, 25 febbraio 2018 - Il 21 febbraio è stata celebrata la Giornata Internazionale della Lingua Materna. Gianni Andrea Deligia, sardo che ha passato 35 anni a lavorare per l’ONU in giro per il mondo, ci ricorda l’impegno della Organizzazione delle Nazioni Unite a proteggere tutte le 6900 lingue parlate oggi nel mondo. 1.La lingua materna come espressione primaria di identità. Nel 1948, all’atto dell’indipendenza dell’India la maggior parte della sua popolazione musulmana viene concentrata nel Pakistan che diventa anch’esso uno stato sovrano diviso in una parte occidentale e, a 1600 km di distanza diviso dall’India, una parte orientale. La parte occidentale a maggioranza etnica “pashtu” impone la sua lingua, l’urdu, alla popolazione della parte orientale, musulmana certo ma anche etnicamente e linguisticamente bengali. Il conflitto etnico-linguistico scoppia in rivolta organizzata, il 21 febbraio 1952 quando a Dakha, principale centro del Pakistan orientale, studenti, insegnanti e politici manifestano per avere la loro lingua materna riconosciuta dal governo centrale. In risposta quest’ultimo fa sparare contro i manifestanti. La soppressione violenta riuscì solo ad aumentare la rivolta che obbligò inseguito il governo ad accettare il bengali come lingua ufficiale allo stesso livello del pashtu. E dopo lunghi anni, le differenze portarono alla guerra civile sfociata, nel 1971, nella dichiarazione di indipendenza della parte orientale del Pakistan, ribattezzata Bangladesh (Il paese del Bengala). 2.Il valore umano di una lingua. Nel 1999, in ricordo di quelli che si erano sacrificati per la loro lingua materna, l’UNESCO adottando la “risoluzione 37” proclama il 21 febbraio come “Giornata internazionale della lingua materna” e incoraggia gli stati membri dell’ONU ad accettare la diversità linguistica e il multilinguismo. Il 16 maggio 2017, un’altra risoluzione dell’Assemblea Generale (61-266) “chiede agli stati membri di incoraggiare la conservazione e la difesa di tutte le lingue parlate dai popoli del mondo intero”. L’ONU stima a circa 6900 le lingue attualmente parlate nel mondo. Il mandarino parlato da 1 miliardo e 200 milioni di cinesi ha lo stesso peso “umano” di alcune lingue parlate in Amazzonia da poche centinaia di locutori. Tra questi due estremi si trovano anche le varianti del sardo. Ogni anno muoiono in media 15 lingue. E la morte di una lingua è la morte di una parte di noi umani. La morte di una “civiltà”, cioè la maniera di interpretare la vita. Interpretazione che è diversa dal pigmeo del Gabon al cacciatore del nord della Finlandia. 3.E falso distinguere tra dialetto e lingua. Una lingua può essere definita come “un insieme di segni vocali e grafici che costituisce lo strumento di comunicazione di una data comunità”. Non esistono dei criteri strettamente linguistici che ci possano permettere di fare la differenza tra lingua e dialetto. Ci può essere solo una prospettiva sociolinguistica che definisce il termine lingua/dialetto come una parlata che soddisfa le due funzioni fondamentali: -la comunicazione, dove attraverso la lingua/dialetto gli attori sociali mettono in comune idee, sentimenti, pensieri, etc. -la identificazione, dove individuo e collettività si identificano con le caratteristiche dell’individuo e della sua appartenenza sociale. Un sardo di lingua madre sarda (qualunque essa sia) comunica in quella lingua con gli altri locutori della stessa lingua e con quella lingua si identifica e ne riconosce l’impatto sociale. Se non esiste linguisticamente alcuna differenza tra lingua e dialetto la sola differenza artificiale è quella imposta attraverso la forza, di qualsiasi tipo essa sia. Forse, come qualcuno l’ha detto quasi scherzando ma non troppo, la differenza tra lingua e dialetto è che la lingua ha al suo servizio un governo, un esercito, una marina e una aviazione; il dialetto no. E un po' come il concetto di razza. Di razza ce n’è solo una, nata in Africa; e poi ci sono sette gruppi biologici. Non è il colore che differenzia l’uomo, come non è lo stesso colore rosso che rende simili un pomodoro e una mela, e non è lo stesso colore giallo che rende simili un limone e una banana. 4. Una lingua/dialetto si può sempre imparare. "Uno dei frutti della mia esperienza internazionale è che oggi conosco 7 lingue. Quando son tornato in Sardegna qualche anno fa mi son detto che era assolutamente incoerente aver passato tutta la mia esistenza a, tra l’altro, imparare e usare lingue non mie e, allo stesso tempo, essere incapace di parlare la lingua dei miei genitori. Da un anno e mezzo parlo quotidianamente e fuori di casa (mia moglie è francese) il sardo nella versione campidanese. Suppongo di parlarlo male visto che non lo avevo mai usato in vita mia e visti gli sguardi che mi riservano quelli a cui mi rivolgo. Da piccolo in casa era vietato usare qualsiasi forma di sardo e usavo solo l’italiano. Poi dai 25 anni in poi ho raramente utilizzato l’italiano avendo vissuto all’estero. Quando parlo il “mio” sardo nella zona cagliaritana la maggior parte della gente, sardi e di qualsiasi età, mi guarda come se stessi a provocarli e sembrano imbarazzati perché li spingo a dover capire quello che dico “in dialetto”. Quando invito il mio interlocutore a parlare il sardo (e eventualmente altre lingue) la risposta varia dal “lo capisco ma non lo parlo” al “il dialetto non è utile”. Quando mi spingo fino a dire “ma se lei vuole potrebbe imparare il sardo”, allora li ricevo un sorriso tra l’incredulo e il condiscendente. Mi son fatto l’idea, forse non corretta, che molti, troppi sardi soffrono di un complesso di inferiorità culturale e linguistica, totalmente ingiustificata e non sostenuta da nessuna logica. Se non quella dello stato accentratore e ignorante che vuole tutti uguali e non rispetta nessuno. E se noi non riusciremo a riappropriarci dei suoni sardi della comunicazione che portano alla coscienza dell’identità, ci sarà quasi impossibile muoverci anche politicamente per le nostre rivendicazioni economiche, sociali e culturali. E ancora peggio, moriremo come popolo. Forse la “Giornata Internazionale della Lingua Materna” del 21 febbraio ci aiuterà a ripensare alla violenza che stiamo facendo a noi stessi abbandonando la lingua dei nostri antenati".