Thursday, 28 March 2024
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Pubblicato il 14 January 2021 alle 06:00
Olbia. Lo abbiamo sentito dai sindacati, lo abbiamo provato sulla nostra pelle: l'effetto dell'emergenza Covid-19 sull'economia del territorio olbiese e gallurese è stato devastante. Le sensazioni e le esperienze personali (o indirette), però, non danno il quadro generale della situazione: solo i numeri lo fanno, con spietata freddezza. A darli è l'Aspal, l'Agenzia regionale per il lavoro in Sardegna che, dalla primavera, aggiorna con puntualità l'andamento del mercato del lavoro nell'Isola, avendo cura di disaggregare i dati per i vari centri per l'impiego, riuscendo così a descrivere in maniera puntuale cosa è successo nelle varie aree isolane. L'ultimo documento in tal senso è stato pubblicato a settembre 2020 ed è un report dai toni estremamente foschi. Nella premessa ai dati e alle tabelle, il direttore generale Aspal, dott. Massimo Temussi, non usa mezzi termini: la crisi economica innescata dalla crisi sanitaria potrebbe diventare crisi sociale. Una volta finita “l'emergenza”, l'Aspal è passata in fase “analisi” per comprendere cosa sta realmente succedendo nel mercato del lavoro. “Dal report emerge un quadro piuttosto preoccupante: si riducono gli occupati, ma soprattutto aumentano drasticamente gli inattivi. Infatti, il clima di incertezza e la crisi economica rendono più difficile trovare un'occupazione e sembrano favorire lo scoraggiamento. Come conseguenza dell'aumento degli inattivi si verifica anche una netta riduzione dei disoccupati”, spiega nella premessa il dott Massimo Temussi. A pagare il prezzo maggiore, ovviamente, le categorie che da sempre vengono lasciate “a casa” durante i periodi di crisi: le donne, che pagano da tempo immemore il cosiddetto gap di genere (stipendi inferiori, contratti peggiori, precariato, discriminazione) e i giovani (a cui viene precluso l'accesso al lavoro e su cui pesa pregiudizio e una dose infinita di precarizzazione ormai strutturale). A livello di Settori, tutto ciò che riguarda servizi erogati “in persona” (istruzione, ristorazione, alberghi) ha subito perdite ingenti; hanno tenuto, invece, l'agricoltura, i servizi domestici; sono cresciuti i servizi finanziari. Il mercato del lavoro ha risposto subito alle sollecitazioni degli eventi pandemici causati dal Sars-Cov-2: considerando l'inizio della crisi Coronavirus a febbraio, al novembre 2020 le assunzioni in Sardegna sono state 241.123 contro le 302.830 dello stesso periodo dell'anno precedente. Una vera e propria ecatombe di posti di lavoro. Solo nel mese di luglio si è assistito un picco di contratti in concomitanza con la ripresa delle attività turistiche e dei viaggi, unico settore trainante per la Sardegna durante l'estate. Il territorio che ha pagato il prezzo maggiore in termini di mancate assunzioni (e dunque di posti di lavoro persi) è la Gallura con il CPI Olbia in testa a livello regionale. Il Centro per l'Impiego della Città di Olbia, rispetto al 2019 (febbraio-settembre), ha “vidimato” il 25% in meno di assunzione rispetto al 2019. Nel rapporto trimestrale Aspal, dove il periodo di riferimento preso in considerazione è gennaio-agosto 2020, vi è una parte dedicata alle perdite di assunzioni a livello comunale. In Gallura, hanno perso più del 30% di assunzioni i Comuni di Budoni, Santa Teresa Gallura, Trinità d'Agultu e Badesi. Tra il 20% e il 30% in meno di posti di lavoro, invece, nei Comuni di Olbia, Arzachena, Palau, Loiri Porto San Paolo, San Teodoro, Sant'Antonio di Gallura. Insomma, a conti fatti il Covid-19 ha dato un colpo fortissimo alla già fragile economia olbiese-gallurese, molto orientata (purtroppo) sulla stagionalità. L'aspetto positivo, sebbene non abbia certamente mitigato le perdite subite, è che il settore turistico – non appena ha potuto riprendere l'attività – è ripartito con forza, tenacia e ottimismo. Rimane l'incognita inverno, il quale per moltissime famiglie di lavoratori stagionali, già penalizzati proprio dal lavorare pochi mesi a regime normale, sarà lunghissimo e pieno di difficoltà. La Naspi, che non era adeguata anche prima della crisi pandemica, ha mostrato tutti i suoi limiti e non è un caso se la fila delle persone che chiedono aiuto alle associazioni olbiesi sta diventando sempre più lunga.
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