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Cronaca

Fatture false per eludere il fisco, arrestato imprenditore

Fatture false per eludere il fisco, arrestato imprenditore
Fatture false per eludere il fisco, arrestato imprenditore
Olbia.it

Pubblicato il 25 September 2020 alle 08:39

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Oristano, 25 settembre 2020- È finito in manette e dovrà rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati di natura finanziaria, l'imprenditore arrestato nella notte del 24 settembre a Oristano. L'uomo di origini calabresi, ma residente da tempo nell'Isola, grazie ad alcuni prestanome aveva messo in piedi un'organizzazione per eludere il fisco con alcune società "cartiera" che producevano fatture fasulle ed altre carte contabili.

L'arresto a Oristano rientra nei provvedimenti cautelari assunti nella complessa operazione di indagine denominata “Billions” condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza e dalla Squadra Mobile della Questura di Reggio Emilia, supportata dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato che ha messo in campo oltre 250 operatori della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza.

Su delega della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia ieri è stato dato il via all'esecuzione di 51 misure cautelari personali, di cui 22 detentive, nonché a 106 misure cautelari reali, per circa complessivi 24 milioni di euro, emesse dal G.I.P. del Tribunale reggiano.

L’attività d’indagine denominata “Billions” ha permesso di scoprire un’associazione a delinquere, composta da 49 soggetti specializzata nell’offrire, in via “professionale”, “servizi” di emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, per consentire alle imprese beneficiarie l’abbattimento dei propri redditi imponibili, con realizzazione di svariati delitti in materia tributaria: emissione ed utilizzo in dichiarazione di fatture false, occultamento della documentazione contabile e omessa dichiarazione dei redditi.

Gli investigatori, attraverso le intercettazioni telefoniche ed ambientali, i servizi di osservazione e pedinamenti, l’analisi dei flussi finanziari e l’approfondimento di segnalazioni per operazioni sospette, sono riusciti ad individuare una struttura associativa particolarmente complessa dedita altresì al riciclaggio di denaro, anche all’estero, all’autoriciclaggio e alla commissione di reati di bancarotta fraudolenta. La presunta associazione a delinquere smantellata era composta, infatti, in modo estremamente strutturato: al vertice vi erano i Capi che coordinavano dieci cellule operative che potevano contare di società di comodo (delle vere e proprie cartiere) per la emissione di fatture per operazioni inesistenti, di “prelevatori” professionali di denaro da sportelli bancomat e procacciatori di soggetti economici interessati ad ottenere servizi finanziari illegali. Al gradino più basso dell’organizzazione vi era una folta schiera di soggetti “prestanome” titolari di una miriade di società “cartiere” che non avevano alcuna struttura aziendale e che servivano solo per “produrre” fatture false. Eloquente a tal proposito una conversazione, captata dagli inquirenti, tra due indagati che scherzando si chiedevano ironicamente che cosa producessero le loro società, rispondendosi che “producono soldi”.

L’analisi dei flussi finanziari delle società “cartiere” ha permesso di ricostruire movimentazioni quantificate in oltre 240 milioni di euro, delle quali ben 50.000.000 di euro sono consistite in prelievi di denaro contante. L’ammontare del giro di fatture false emesse è stato calcolato in 80 milioni di euro con un’imposta evasa quantificata in circa 24 milioni di euro. Nel corso delle indagini sono state eseguite, in diverse occasioni, perquisizioni locali e personali che hanno portato al sequestro di circa 500.000 euro, di cui 267.000 euro in contanti, provento dei reati e di cui rappresentavano la monetizzazione. Lo schema esecutivo dell’illecito prevedeva, dapprima, il pagamento integrale della fattura falsa da parte dell’impresa beneficiaria. Successivamente tali disponibilità venivano prelevate in contanti dai richiamati “prelevatori”, soggetti al soldo dell’associazione con il compito di recarsi presso vari uffici postali ed effettuare prelievi frazionati, in modo da non superare le soglie previste dalla normativa antiriciclaggio.

Infine tali somme venivano restituite ai Capi dell’associazione che le retrocedevano alle imprese beneficiarie, al netto di una commissione per il “servizio” prestato. A seguito di un sequestro effettuato nei confronti di un “prelevatore”, destinatario di misura detentiva, lo stesso aveva confidato alla moglie che essendo stato “bruciato” non avrebbe più potuto “lavorare” e sarebbe stato costretto a trovarsi un “lavoro vero”.

Tra le condotte contestate agli indagati vi è anche il reato di autoriciclaggio. I sodali infatti provvedevano, attraverso società create ad hoc, ad inviare bonifici all’estero in favore di imprese comunitarie sempre controllate dagli stessi, per un importo complessivo di 1,2 milioni di euro, giustificando le movimentazioni finanziarie quale pagamento di acquisti intracomunitari, rivelatisi fittizi. I fondi così trasferiti venivano poi re-investiti in attività commerciali localizzate sempre all’estero e riferibili all’organizzazione criminale. Sul versante comunitario, il sodalizio criminale aveva organizzato, altresì, una frode cd. “carosello”, relativamente alla compravendita di autovetture dalla Germania.