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Covid-19, Olbia: medici e infermieri in trincea tra paura e poche mascherine

Covid-19, Olbia: medici e infermieri in trincea tra paura e poche mascherine
Covid-19, Olbia: medici e infermieri in trincea tra paura e poche mascherine
Angela Galiberti

Pubblicato il 18 March 2020 alle 14:08

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Olbia, 18 marzo 2020 - Il tentativo di "bavaglio" che l'Assessorato alla Sanità ha comunicato tramite circolare non ha avuto l'effetto "sperato", ma opposto: tra sindacati sul piede di guerra, esposti in Procura, hashtag appositamente creati e operatori che parlano confidenzialmente, ormai è chiaro che c'è qualcosa da correggere immediatamente all'interno degli ospedali sardi.

La Gallura non fa eccezione: il vice sindaco Tempio, Giannetto Addis, ha scritto nero su bianco alla Regione per chiedere che siano immediatamente forniti al "Paolo Dettori" (dove recentemente si sono verificati due casi di Coronavirus) tutti i dispositivi di protezione individuali (Dpi) perché l'ospedale tempiese non ne ha abbastanza.

Lo stesso problema del Paolo Dettori c'è in tutti i nosocomi sardi, compreso il nostro Giovanni Paolo II di Olbia: ospedale di riferimento del Nord-Est Sardegna, in prima linea nell'emergenza con tutto il suo personale.

Gli operatori e le operatrici olbiesi sono tutti/e in trincea, non importa il reparto in cui lavorano. Sono pronti a fare il loro dovere, non mollano un secondo i pazienti, ma hanno paura. Osservano ciò che succede altrove e capiscono molto bene qual è il problema e il problema si chiama Dpi.

A dare voce a quelle preoccupazioni, raccolte anche da Olbia.it in maniera del tutto confidenziale, c'è anche la Cgil FP: da sempre in prima linea per la sanità pubblica.

"Sono molto preoccupati - spiega Luisella Maccioni, Fp Cgil -. E c’è tanta paura. Nonostante tutto cercano di affrontare la situazione con professionalità".

Il problema è proprio questo acronimo - Dpi (mascherine, occhiali, calzari, visiere, etc) - che ormai è entrato nella normalità delle nostre vite.

"Mancano i dpi, è quello che fa paura. Molta - sottolinea Luisella Maccioni -. Crediamo che le protezioni di sicurezza individuale siano indispensabili per la sicurezza non solo dei lavoratori, ma anche dei pazienti. In questi giorni abbiamo avuto tante lamentele. Tutte uguali anche a livello regionale: non abbiano mascherine a sufficienza, camici monouso, insomma tutto quello che serve per metterci insicurezza".

Un problema sentito, questo, anche a Olbia dove un caso di Covid-19 entrato come paziente "normale" per una patologia pregressa ha fatto chiudere il Pronto Soccorso e la Radiologia temporaneamente.

"A parere nostro tutti gli operatori che lavorano nei presidi devono avere i dispositivi: solo così possono lavorare con traquillità", conclude Maccioni.

Fornire a tutti gli operatori i Dpi, a prescindere dal reparto, significa in sostanza trattare tutti i pazienti come potenziali Covid positivi: questo è lo stesso suggerimento dato dal dott. Cesare Iesu su Sardiniapost (trovate l'intervista completa qui): presidente regionale dell'Aaroi Emac.

Sindacalista e anestesista, il dott. Iesu dice che: "qualunque persona entri in cura negli ospedali della Sardegna, va trattata come se fosse un paziente infetto".

E poi aggiunge: "A giudicare l’alto numero di contagi, probabilmente è andata in maniera diversa".

Le cronache di questi giorni parlano di continui casi negli ospedali sardi: gravissimo il caso della Cardiologia del Santissima Annunziata di Sassari (tutto è partito da un paziente ricoverato da giorni per altra patologia), grave il caso del San Francesco di Nuoro, poi ancora il caso del Santissima Trinità e infine il Pronto Soccorso del Brotzu chiuso per 12 ore.

La paura degli operatori e delle operatrici olbiesi (medici, infermieri, oss, tecnici di laboratorio, tecnici di radiologia, e così via) è più che comprensibile.

Medici e infermieri contagiati significano mettere in crisi il sistema: se si ammalano i dottori, chi può curare i pazienti? Ecco perché i dpi sono fondamentali.

Non è un caso, del resto, se il sindacato Anaao-Assomed ha fatto un esposto in Procura a Cagliari e all'Ispettorato del Lavoro per segnalare la situazione all'interno degli ospedali sardi.

E poi ci sono gli operatori che ci mettono la faccia, come il medico ortopedico del Brotzu Paolo Sailis che ha creato gli hashtag #menocensura e #piùmascherine. Una protesta, la sua, diventata virale.

https://www.facebook.com/paolo.sailis/posts/10221117206030096

Intanto, gli operatori aspettano con ansia buone notizie e, soprattutto, mascherine.

Sperando che non siano come le famigerate "swiffer" che in Lombardia, nei giorni scorsi, hanno fatto scoppiare una feroce polemica.

La famosa mascherina "swiffer" al Giovanni Paolo II (Olbia)