Friday, 19 April 2024

Informazione dal 1999

Cronaca

Bomba ecologica sul San Giovanni:informativa in Procura

Bomba ecologica sul San Giovanni:informativa in Procura
Bomba ecologica sul San Giovanni:informativa in Procura
Angela Galiberti

Pubblicato il 22 March 2014 alle 14:14

condividi articolo:

Olbia, 22 Marzo 2014 - L'alluvione del 18 Novembre ha lasciato sul territorio gallurese anche una bomba ecologica che, se lasciata "esplodere", potrebbe deturpare in maniera significativa la Costa Smeralda e l'Arcipelago di La Maddalena. Stiamo parlando del rio San Giovanni e dello sversamento di sostanze inquinanti causato dall'onda di piena del 18 Novembre. Sul fiume in questione è posizionata la ditta CAMP di Orani, la quale si occupa di inerti e conglomerati. Quando l'onda di piena del San Giovanni si è abbattuta sugli impianti di questa azienda è successa una vera e propria tragedia ambientale: la forza dell'acqua ha rovesciato cisterne e abbattuto i muri dei depositi, permettendo a olio combustibile, gasolio e altre sostanze di riversarsi nelle acque del San Giovanni. Pochi giorni dopo la tragedia, il Comune di Olbia ha dato incarico alla ditta Verde Vita di Porto Torres di tamponare la situazione in attesa di un intervento monetario degli enti preposti. A quattro mesi dal Ciclone Cleopatra, la Polizia Locale di Olbia guidata dal comandante Gianni Serra si è recata nel luogo del disastro per fare un sopralluogo trovando una situazione assolutamente allarmante. In questi quattro mesi, lo sversamento è continuato del tutto indisturbato. Per 5 km, il San Giovanni è costellato da veleni che lentamente si stanno avvicando alle delicatissime acque marine della Gallura. La Verde Vita ha consegnato al Comune di Olbia una dettagliatissima relazione nella quale si elencano i numeri del disastro. Nel fiume San Giovanni sono finiti 7000 litri di olio combustibile, dai 3000 ai 5000 litri di gasolio, diverse cisterne da 1000 litri contenti sostanze inquinati. L'intervento della Verde Vita doveva essere provvisiorio, perciò l'azienda (con i 190mila euro messi sul piatto dal Comune di Olbia) ha tamponato le fuoriuscite con bande assorbenti e barriere galleggianti. Ma con le temperature in aumento, le sostanze diventeranno più liquide e bypasseranno le barriere temporanee. Il Comune di Olbia, in questi 4 mesi, ha sollecitato più volte tutti gli enti preposti: il Ministero dell'Ambiente, la Protezione Civile, la Provincia di Olbia-Tempio, l'Arpas, la Regione Sardegna, l'Assessorato regionale all'Ambiente. La risposta è sempre stata una sola: silenzio tombale. E in questo silenzo, l'inquinamento ha continuato il suo percorso verso il mare. L'ultima nota, datata 5 Marzo e firmata dal dirigente del Settore Ambiente del Comune di Olbia, non lascia scampo: se gli enti preposti non metteranno mano al portafoglio, il Comune di Olbia manterrà il presidio fino all'esaurimento delle risorse messe a disposizione dal Commissario, dopo di che si interromperà il presidio ambientale in corso "declinando ogni responsabilità sia civile che penale". "La situazione è molto grave. - ha sottolineato il comandante Gianni Serra - Siamo stati costretti a mandare una informativa alla Procura della Repubblica di Tempio". Lo stesso identico percorso (presidio, spese, informativa) l'ha compiuto il Comune di Arzachena, nel cui territorio sfocia il San Giovanni. Il Comune di Olbia, con il MISE (messa in sicurezza emergenza), ha calcolato che servono 2milioni e 400mila euro per mettere in sicurezza il sito inquinato. Soldi, questi, che dovrebbero arrivare dallo Stato in quanto si tratta di una situazione emergenziale dovuta all'alluvione. In più c'è un problema di competenza. Essendo un fiume che scorre in più comuni, il rio San Giovanni è affare della Provincia di Olbia-Tempio, attualmente commissariata e in via di smantellamento. La patata bollente, dunque, è nelle mani di tutti e di nessuno.