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Cronaca

Zona Baratta: voci dal disastro

Zona Baratta: voci dal disastro
Zona Baratta: voci dal disastro
Paolo Ardovino

Pubblicato il 03 October 2015 alle 19:01

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Olbia, 3 ottobre 2015 - Zona Baratta. Lo scenario è post-apocalittico, ogni tanto passa una Jeep militare o della Protezione Civile su strade deserte; ai bordi dei marciapiedi qualche oggetto ricoperto di fango e un macabro silenzio ha rubato la scena alle urla e le sirene di appena 48 ore fa. La quiete dura poco. Basta inoltrarsi nei meandri delle zone limitrofe alla (purtroppo) famigerata via Lazio. In Via Emilia, ad esempio, gli abitanti si mischiano alle forze dell'ordine nell'intento di ripulire le ultime case e tirar via i mobili rimasti. "Grazie all'allerta abbiamo potuto evitare il peggio - dice Irene, una ragazza che assieme alla propria famiglia ha passato la mattinata a togliere fango da casa sua -, non possiamo però vivere con la paura costante. Solo due settimane fa abbiamo ricevuto la donazione della Croce Rossa per la scorsa alluvione, la utilizzeremo per ripagare parte dei danni di questa". Nei pressi di Via Lazio non c'è solo chi deve pensare alle abitazioni: Paolo Coppola è un venditore ambulante che due anni fa ha dovuto fare i conti con l'acqua che ha sommerso il proprio garage e dunque la merce. "Questa volta l'acqua non è andata oltre i 20 centimetri - racconta il giovane venditore -, ma comunque avevo già rialzato lenzuola, tappeti e quant'altro". Delusione, rabbia, malinconia e disperazione: Ignazio Tatti abita in Via Lazio e per la seconda volta in due anni si ritrova punto e da capo. "In seguito ai danni avuti nel 2013 ho dovuto fare svariati prestiti - rivela, indignato - e stavolta non so che fare, dalla Croce Rossa abbiamo ricevuto qualche settimana fa 4.000€ ma non ci basteranno neanche per l'impianto elettrico". A sfogarsi è anche la moglie, che quasi senza voce esclama: "Non sappiamo più che fare, ho un figlio invalido e gli aiuti non sono abbastanza - poi, con un pizzico di polemica dice - altre famiglie, meno disagiate di noi, hanno avuto un occhio di riguardo maggiore". Chiosa poi lo stesso Ignazio: "Insomma, prima di un mese non potremo rientrare in casa e in più abbiamo la paura di subire atti di sciacallaggio".