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Accise, i Riformatori scrivono alla Corte europea dei Diritti dell'Uomo

Accise, i Riformatori scrivono alla Corte europea dei Diritti dell'Uomo
Accise, i Riformatori scrivono alla Corte europea dei Diritti dell'Uomo
Olbia.it

Pubblicato il 15 March 2015 alle 10:00

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Cagliari, 15 Marzo 2015 - In merito alla vicenda della accise sulla benzina, la cui norma contenuta nella finanziaria nazionale è stata cassata dalla Corte Costituzionale, i Riformatori Sardi hanno deciso di chiamare in causa la Cedu, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. I Riformatori hanno preparato una missiva che verrà inviata nelle prossime ore alla corte. Riportiamo il testo.
Lo Stato Italiano, con la complicità del Governatore Pigliaru, ha violato più di uno degli obblighi assunti con la sottoscrizione della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, per questa ragione i Riformatori porteranno la protesta alle porte di Roma e Bruxelles per difendere il Diritto all’uguaglianza e il diritto ad un ambiente salubre. Il testo della lettera: L'art. 1, co. 1, legge Regione Sardegna n. 7 del 21 gennaio 2014 (pubblicata sul BUR n. 5 del 23 gennaio 2014 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione. Legge finanziaria 2014") così dispone: "ai sensi dell'art. 8, primo comma, lettera d) e secondo comma della legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) nelle entrate spettanti alla Regione sono comprese anche le imposte di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati generate nel territorio regionale anche se riscosse nel restante territorio dello Stato". A sua volta l'art. 8, co. 1, lett. d), legge cost. 26 febbraio 1948 n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) al quale si riferisce l'art. 1, co. 1, l. reg. 7/2014 - stabilisce che le entrate della Regione sarda sono fra l'altro costituite "d) dai nove decimi dell'imposta di fabbricazione su prodotti che ne siano gravati, precetta nel territorio della regione". Inoltre, l'art. 8, co. 2, del medesimo Statuto speciale per la Sardegna - parimenti richiamato dall'art. 1, co. 1, l. reg. 7/2014 - inserisce fra le entrate spettanti alla Regione "anche quelle che, sebbene relative a fattispecie tributarie maturate nell'ambito regionale, affluiscono in attuazione di disposizioni legislative o per esigenze amministrative ad uffici finanziari situati fuori del territorio della regione". Con ricorso ex art. 127 co. 1 Cost. - depositato in cancelleria il 27 marzo 2014 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale (1° Serie Speciale - Corte Costituzionale n. 21) il 14 maggio 2014 - il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto giudizio di costituzionalità in via principale contro la Regione Sardegna, in persona del Presidente della Giunta regionale p.t., chiedendo di dichiarare la incostituzionalità dell'art. 1, co. 1 l.reg. 7/2014 (recante "Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale della Regione. Legge finanziaria 2014"). La Regione Sardegna, contro la quale il ricorso è stato opposto, non si è costituita nel giudizio. Viceversa nell’interesse della Regione Sardegna e del Popolo Sardo si costituivano due Consiglieri Regionali. A fondamento del ricorso ex art. 127 co. 1 Cost., il Presidente del Consiglio prospetta due motivi di illegittimità costituzionale dell'art. 1, co. 1, l. reg. 7/2014. Secondo il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, sostanzialmente, l’articolo 1, comma 1, della Legge Finanziaria del 2014 (quella appunto che sancisce che nelle entrate spettanti alla Regione sono comprese anche le imposte di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati generate nel territorio regionale anche se riscosse nel restante territorio dello Stato) contrasta con l’art. 8, lett. d) dello Statuto, che devolve alla Regione i nove decimi dell’imposta di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, “percetta nel territorio della regione”. Questo perché il concetto di “generate” si scontra con quello di percette. Innanzitutto non corrisponde al vero che il concetto di generate è in questo caso diverso da percette. L’art. 2 del decreto legislativo n. 504 del 1995 stabilisce, al comma 1, che “per i prodotti sottoposti ad accisa l’obbligazione tributaria sorge al momento della fabbricazione o della importazione”. Ciò significa che la norma della Finanziaria regionale è pienamente legittima perché stabilisce che siano comprese nelle entrate regionali anche le imposte di fabbricazione “su tutti i prodotti che ne siano gravati generate nel territorio regionale anche se riscosse nel restante territorio dello Stato”. Questo perché è proprio l’art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1995 a prevedere che l’imposta si “genera” (“sorge”, stando all’art. 2) “al momento della fabbricazione o della importazione”. La norma regionale è poi perfettamente in linea con il criterio del “percetto” contenuto nell’art. 8 lett. d) dello Statuto, se è vero che tale criterio va inteso come riferito alla maturazione della fattispecie tributaria: maturazione che, nel caso, coincide, come detto, con la fabbricazione. Non solo. “Nel prospettare il contrasto della norma regionale con l’art. 8 dello Statuto sardo del 1948 il governo interpreta l’art. 8 lett. d) alla luce di una normativa entrata in vigore circa 45 anni dopo e impiega un concetto (quello di “accisa”) sconosciuto all’epoca. Come si può quindi sostenere – come in effetti si sostiene nel ricorso governativo – che l’art. 8 lett. d) “applica correttamente il sistema impositivo in materia di accise”? Un’affermazione doppiamente erronea: sia perché la previsione statutaria (ed il criterio del “percetto” che vi è contenuto) risale al 1948, quando invece le norme richiamate dal governo sono entrate in vigore non prima del 1993; sia perché il concetto stesso di “accisa” – sul quale il ricorso si fonda – è entrato nell’ordinamento italiano solo nel 1993. Insomma, si legge nell’opposizione al ricorso, “non sembra lecito dire che una norma statutaria “interpreti” esattamente quanto – all’epoca della sua approvazione – non esisteva”. L’errore in cui incorre il Presidente del Consiglio dei ministri è legato al fatto che si presuppone che il criterio del “percetto” sia stato inserito nello Statuto sardo dopo l’introduzione nell’ordinamento italiano delle normative richiamate e del concetto di accisa. Ma così non è. Questo perché: A) Il criterio del “percetto” era contenuto nel testo originario dello Statuto sardo del 1948 (con riguardo alla “imposta di fabbricazione del gas e dell’energia elettrica”). B) Tale criterio continua ad essere impiegato dopo la riforma del 1983. C) Lo stesso criterio rimane fisso dopo la riforma del 2006. La norma sulle accise, inoltre, è in linea con la direttiva europea n. 2008/118/CE del 16 dicembre 2008 che all’art. 2 della stabilisce che “i prodotti sottoposti ad accisa sono soggetti a tale imposta all’atto: della loro fabbricazione, compresa, se applicabile, l’estrazione, nel territorio della Comunità. Senza considerare che vi è una ulteriore e dirimente ragione che spinge a dichiarare la infondatezza della censura avanzata dal Presidente del Consiglio. Nel ricorso si sostiene, come già detto, che l’art. 1 comma 1° della legge Finanziaria del 2014 derogherebbe all’applicazione di norme europee e stabilirebbe, in contrasto con tali norme, “una diversa ripartizione del gettito delle accise spettanti alla Regione”, così da violare le competenze esclusive dello Stato nelle materie ricordate. In realtà non è affatto vero che la normativa europea si occupi della “ripartizione del gettito delle accise spettanti alla Regione”. Il tema della ripartizione del gettito delle accise è assolutamente (ed ovviamente) estraneo alla normativa europea in materia di accise. Non si comprende, pertanto, quale sia la violazione della normativa europea che il Governo addebita alla Regione Sardegna. Ciò premesso, si ritiene che venga palesemente violata la Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo ed in particolare: Il Diritto all’uguaglianza. Dal diritto fondamentale di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge deriva il divieto di ogni forma di discriminazione di sesso, razza, estrazione sociale o origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza ad una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, disabilità, età o orientamento sessuale. Correlativamente, si afferma il rispetto di ogni diversità culturale, religiosa e linguistica e il diritto per tutti ad un pari trattamento e a pari opportunità in ogni settore della vita e del lavoro. Una tutela speciale è garantita ai minori (cui è riconosciuto il diritto alla protezione e alla cura, nonché il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni), agli anziani e ai disabili (a cui l’Unione riconosce il diritto a beneficiare di misure intese a garantirne l'inserimento sociale e la partecipazione alla vita della comunità). Il Diritto ad un ambiente salubre. La novità principale consiste nel fatto che “quando si parla genericamente di diritto all’ambiente, si fa riferimento al diritto all’integrità dell’ambiente, e tale posizione è stata precisamente qualificata in termini di interesse diffuso ma anche in termini di diritto soggettivo individuale” e “quando si parla di ambiente salubre, si fa riferimento al danno alla salute arrecato dai fenomeni di inquinamento , cioè da fenomeni che incidono sulla salute fisica e psichica, quale effetto della violazione dell’integrità dell’ambiente”. In merito è corretto rammentare che la necessità di proteggere i diritti ambientali dell’uomo, non espressamente menzionati dalla Convenzione europea, si è negli ultimi anni sviluppata anche attraverso la giurisprudenza della Commissione e della Corte, che hanno considerato che l’articolo 8 della Convenzione, relativo al diritto al rispetto della vita privata e familiare, includesse anche il diritto a un ambiente salubre e dunque alla protezione dall’inquinamento. E’ conseguentemente interesse dei sottoscrittori adire l’intestata Ecc.ma Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Si allega: 1. Testo del ricorso n 27 per Legittimità Costituzionale, 27/3/2014; 2. Atto di Intervento e costituzione in giudizio dei Consiglieri Regionali Michele Cossa e Attilio Dedoni; 3. Legge Regione Sardegna n. 7 del 21 gennaio 2014, art. 1; 4. Statuto Speciale della Regione Autonomo della Sardegna, Art. 8