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Cronaca

Università di Sassari e Cina insieme per la lotta contro la desertificazione

Università di Sassari e Cina insieme per la lotta contro la desertificazione
Università di Sassari e Cina insieme per la lotta contro la desertificazione
Dénise Meloni

Pubblicato il 18 September 2017 alle 16:11

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Sassari, 23 settembre 2017-L’Università di Sassari ha partecipato, come membro della delegazione ufficiale Italiana, alla tredicesima Conferenza delle Parti (COP 13) della Convenzione ONU sulla Lotta alla Desertificazione,che si è svolta a Ordos (Mongolia interna, Cina) dal 6 al 16 settembre 2017.

Le 196 delegazioni delle parti firmatarie della convenzione lavorano per una convergenza di intenti su due obiettivi principali:lotta alla siccitàeneutralità del degrado del suolo(Land degradation neutrality).

Negli ultimi decenni, milioni di ettari di terreno in tutto il pianeta si sono desertificati a causa delle attività umane, perdendo la produttività agricola e forestale. La strategia “Land degradation neutrality” dovrebbe garantire entro il 2030 l’azzeramento del degrado del suolo, con interventi nazionali e locali. Le azioni positive più efficaci vanno dal recupero dei suoli degradati al miglioramento della fertilità dei terreni, allo stop al consumo di suolo per urbanizzazioni e attività industriali.

“Da questo punto di vista nessun Paese firmatario si può considerare più sviluppato di altri”, ha sottolineato Monique Barbut, Segretario Esecutivo della Convenzione, all’apertura dei lavori del Comitato Tecnico Scientifico della COP13, di cui ha fatto parteil prof. Pier Paolo Roggero, direttore del Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione dell’Università di Sassari. L’attuazione della strategia “Land Degradation Neutrality”, ancora in fase di avvio, porterà al monitoraggio di tre indicatori: la produttività delle colture, delle foreste e dei pascoli, il contenuto di sostanza organica e il grado di copertura vegetale del suolo.

In Italia il degrado del suolo è associato per esempio all’erosione idrica e al dissesto idrogeologicodei versanti collinari e montani in abbandono, gestiti in modo non sostenibile o percorsi da incendio, o al consumo di suolo per l’edilizia e la viabilità.

La situazione inSardegnamerita particolare attenzione: un recente rapporto ISPRA ha rivelato che è la regione conil consumo di suolo per abitante più alto d’Italia, per effetto della bassa densità di popolazione e della conversione di terreni agricoli e forestali in aree urbane, strade e zone industriali.

Secondo i delegati alla Conferenza ONU, il problema della siccità legata alcambiamento climaticosi può affrontare soltanto con l’adozione urgente di una strategia comune e di piani nazionali, utili per mitigare gli effetti del fenomeno. L’aumento delle temperature e la sempre maggiore frequenza di eventi idrometeorici estremi(lunghi periodi secchi e brevi e intense precipitazioni) generano improvvisecrisi idrichedi difficile soluzione in assenza di misure preventive e di un efficace coordinamento per una gestione integrata dell’acqua. Molti paesi sviluppati (inclusa l’Italia) non si sono ancora dotati di un piano per fronteggiare la siccità in modo coordinato ed efficace, come invece hanno fatto alcuni paesi in via di sviluppo, ad esempio la Bolivia.

Gli effetti della siccità sono sotto gli occhi di tutti: ingenti perdite economiche e di produzione agricola e zootecnica, incendi, razionamento idrico, peggioramento della qualità dell’acqua potabile e così via. È stato ampiamente dimostrato che i costi per limitare i danni a posteriori sono decisamente superiori a quelli necessari per la prevenzione.

"I dati del nostro territorio sono impressionanti:l’annata 2016-17 è stata la più siccitosada quando sono iniziate le registrazioni idrometeoriche nella stazione meteo del Dipartimento di Agraria dell'Università di Sassari a Ottava.- dichiara Pier Paolo Roggero- Nel periodo giugno 2016-maggio 2017 sono caduti appena 289 millimetri di pioggia, circa la metà della media cinquantennale. A Sassari in alcune zone l’acqua non è potabile e in alcuni quartieri è razionata. Eppure, la Sardegna possieda infrastrutture che garantirebbero, potenzialmente, una grande riserva di acqua per usi agricoli, civili e industriali.Questioni così complesse possono essere affrontate integrando investimenti infrastrutturali con nuove tecnologie ma soprattutto sviluppando moderni metodi di governance integrata anche attraverso partnership pubblico-privato”.

Università di L’Università di Sassari partecipa a questo dibattito con progetti internazionali in Sardegna e nei Paesi in via di sviluppo che costituiscono la base per la didattica universitaria, la ricerca e la cooperazione internazionale.