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Il palazzetto di Corso Umberto I 64, crocevia di famiglie olbiesi e galluresi

Il palazzetto di Corso Umberto I 64, crocevia di famiglie olbiesi e galluresi
Il palazzetto di Corso Umberto I 64, crocevia di famiglie olbiesi e galluresi
Federico Bardanzellu

Pubblicato il 24 April 2016 alle 17:18

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In Corso Umberto 64 si erge un palazzetto di fine ottocento, costruito all’epoca in cui il nuovo governo unitario voleva modernizzare l’antica Terranova, realizzando quella che oggi è – forse – la strada più esclusiva del Centro storico olbiese.

[caption id="attachment_56301" align="alignnone" width="1388"]image Cartolina del 1916: a sinistra del Municipio si erge il palazzetto Bardanzellu[/caption]

Il villino fu fatto costruire, intorno al 1875, dal farmacista Battista Tamponi di Calangianus quando decise di aprire una propria farmacia a Terranova, che probabilmente, prima di allora, non ne aveva mai avute. Dalla sua costruzione ad oggi, numerose famiglie, per non poche generazioni, si sono succedute, in quel serioso palazzetto e non tutte “terranovesi DOC”. Il Tamponi (1831-1892), infatti, pur essendo di Calangianus, proveniva da Tempio, dove si era trasferito con la moglie Agnoledda (Angela) Careddu, anch’ella di Calangianus; nel 1859 si era laureato in farmacia a Sassari e probabilmente, svolgeva già un’attività farmaceutica nell’allora capoluogo di provincia. Al momento del trasferimento, però, si introdusse “come un uragano” nella tranquilla esistenza della famiglia Tamponi, l’affascinante figura del lurese Giorgio Bardanzellu. Il brillante personaggio, come ci attesta ancor oggi un suo ritratto fotografico, aveva una rara qualità: era bello! Sedusse, così, la figlia maggiore del farmacista, Marietta, di appena diciassette anni e cinque mesi. La ragazza dette già allora dimostrazione di grande determinazione di carattere e pose l’aut aut al suo genitore: «O acconsenti al mio matrimonio con il bel Bardanzellu di Luras o scappo con lui e a Terranova ci andate senza di me!» Il farmacista fu costretto a cedere. Giorgio Bardanzellu era nato nel paesino dell’Alta Gallura il 7 febbraio 1849 da Giovansanto e Quirica Pinna Derosas. Allora, Luras contava solo 1625 abitanti, contro i 1837 di Terranova (236 a 937, però, il rapporto, escludendo il contado). La data esatta di nascita è stata dedotta dal suo atto di battesimo conservato nell’Archivio storico della Parrocchia della Nostra Signora del S.S. Rosario; ebbe per padrini suo zio Giovanni Pinna e Lucia Addis Derosas (forse zia di sua madre). La diversa data riportata sulla tomba, nella cappella di famiglia del Cimitero di Olbia, risulta errata così come quella di morte, attestata, invece, all’Anagrafe di Olbia (21 gennaio 1920, alle ore 15.00). Sua madre Quirica era – invece – di lontane origini olbiesi, in linea materna; il bisnonno Salvatore Derosas, infatti, aveva sposato, a Terranova, la lurese Domenica Bardanzellu, intorno al 1725, mentre il nonno, Clemente Derosas, da Terranova, si era trasferito a Luras, per sposare Maria Spano, nel 1757. Giovansanto Bardanzellu, padre di Giorgio, era un commerciante che possedeva il reddito richiesto per essere eletto ed elettore nelle consultazioni amministrative; fu infatti consigliere comunale di Luras dal 1844 sino alla morte e Sindaco della cittadina gallurese nel 1850, oltre che Assessore supplente nel biennio 1861-1862. Era anche acculturato, per i canoni dell’epoca, in quanto risulta firmare i verbali di Giunta di proprio pugno e non con segno di croce. Giovansanto morì il 10 agosto 1865, lasciando ancora quattro figli a carico della vedova. Il fratello maggiore di Giorgio, Agostino, infatti, si era arruolato nel 1861 nel Regio esercito italiano e si era trasferito in continente per frequentare l’Accademia militare di Modena; alla morte del padre era già sottotenente e raggiungerà il grado di colonnello. Quirica Pinna Derosas non era però una donna usa a perdersi d’animo. La sua strategia per “accasare” le figlie era quella di stringere ancor più i legami familiari già esistenti con le famiglie dominanti della cittadina gallurese. Intorno al 1870, cambiò cognome e assunse quello di Giua, dalla nonna paterna, con tutta probabilità per motivi di successione ereditaria. Quando morì, il 23 agosto 1905, in Luras, alla veneranda età di anni 93, Quirica Giua era contornata da uno stuolo di parenti e conoscenti. Fu moglie, sorella (Giovanni e Pietro Giua), zia (Pietro Giua jr.) e consuocera (Giuseppe Tamponi) di cinque sindaci luresi; moglie, sorella, zia, suocera e consuocera di almeno undici consiglieri comunali, madrina di battesimo di innumerevoli rampolli del paese: una vera “mammai” (donna di rispetto) della cittadina gallurese. Al nostro Giorgio, invece, l’ambiente chiuso e conservatore della piccola Luras andava stretto. Nell’archivio parrocchiale della Chiesa di S. Paolo, infatti, si conserva l’atto di matrimonio, in data 24 ottobre 1876, di Giorgio Bardanzellu di Luras e Marietta Tamponi di Tempio. Pur avendo consultato centinaia di atti parrocchiali è la prima volta, nell’arco di 180 anni, che troviamo un componente della famiglia Bardanzellu sposare qualcuno o qualcuna di Tempio. Ciò dimostra che mentre tra Olbia e Luras fossero frequenti gli scambi relazionali, anche familiari e di persone, tra Luras e Tempio tali scambi fossero praticamente inesistenti. Probabilmente ciò è dovuto all’apertura verso gli apporti esterni e alla vocazione all’accoglienza che sono sempre state le caratteristiche fondamentali della città di Olbia. Gli sposi si trasferirono nel villino di Corso Umberto I ed ebbero subito una figlia prematuramente scomparsa (la nipote Giorgina Etzi affermava trattarsi di una femmina, chiamata Angela). Successivamente ebbero altri sette figli, come risulta dagli atti conservati all’archivio parrocchiale della Chiesa di S. Paolo: Giovanneddu (Giovanni), nato l’11 settembre 1878; Battista (I), nato il 2 luglio 1880, scomparso prematuramente il 6 aprile 1882; Ninetta (Caterina), nata l’8 marzo 1883; Battista (II), nato il 16 settembre 1885; Lucietta (Quirica Lucia), nata il 19 agosto 1888; Achille, nato il 29 ottobre 1890; Lillina (Angela), nata il 19 dicembre 1895. Marietta Tamponi (1858-1933) aveva in sé la stessa energia della suocera Quirica Giua e, in più, una moderna mentalità imprenditoriale. Alla morte del padre (1892), infatti, subentrò nella gestione della farmacia, che diresse sino alla morte, per oltre quarant’anni. Fu, quindi, una delle prime donne olbiesi ad avere una occupazione indipendente e un’attività imprenditoriale. Anche i figli furono avviati alla vita secondo un preciso disegno, ben diverso dalla politica dei matrimoni vantaggiosi perseguita dalla suocera lurese. Al maggiore, Giovanneddu, di carattere mite, fu affidato l’appezzamento di terreno di famiglia; Ninetta affiancò la madre nella gestione della farmacia; Battista fu mandato a studiare legge in continente e si laureò a Roma; Lucietta si diplomò e, successivamente, si impiegò nel vicino ufficio postale; Achille si trasferì a Roma dal fratello Battista e, poi, si laureò in medicina; successivamente anche l’ultimogenita Lillina, attraversò il Mar Tirreno per laurearsi a Roma in magistero, risultando, così, la prima donna olbiese a conseguire una laurea. Naturalmente, anche la figlia minore dei coniugi Tamponi, Barberina si era trasferita con la famiglia nel palazzetto di Corso Umberto I. Fu forse proprio il cognato Giorgio a presentargli Antonio Mossa, figlio di sua sorella Teresa Bardanzellu e del lurese Filippo. I due si sposarono, integrando anche i Tamponi di Tempio nei già stretti legami familiari tra i Bardanzellu e i Mossa, ieri di Luras e ora di Olbia. Da Antonio Mossa e Barberina Tamponi, nel 1895, nacque un altro singolare personaggio che visse nel villino Tamponi di Corso Umberto I per tutta la vita: Battista Mossa. Temerario fante nella Grande Guerra, Battista Mossa fu schierato in prima linea a combattere in trincea. Qui, era solito sostituire, dietro compenso, i commilitoni sorteggiati per posizionare il materiale esplosivo sul filo spinato delle trincee austriache, riuscendo sempre a salvare la pelle. A guerra ultimata, chiese di essere spedito in Africa, come volontario. Quando rientrò, alcuni anni dopo, si racconta che avesse assunto un colorito tale da essere scambiato per ascaro anche dai frequentatori del bar sotto casa. Una foto pubblicata nel volume “Da Terranova ad Olbia”, lo ritrae, trentasettenne, nel 1928, con la maglietta della squadra di calcio del Terranova. E il bel Giorgio Bardanzellu? Di lui poche cose sappiamo. Il giugno 1901 Vittorio Emanuele III gli conferì la croce di Cavaliere della Corona d’Italia e sul diploma che ancora si conserva è indicata la motivazione: “già Giudice vice conciliatore di Luras”. La carica era stata istituita nel 1892 e, per svolgerla, bisognava essere in possesso del diploma di seconda elementare e di un certo reddito, oltre che essere residenti nella sede dell’ufficio; quasi sempre, nei paesi – abbiamo trovato in internet – la carica veniva affidata a un dipendente comunale. Pur essendosi trasferito a Terranova, quindi, Giorgio Bardanzellu aveva mantenuto la residenza a Luras e, con tutta probabilità svolgeva il mestiere di impiegato comunale prima di essere nominato giudice conciliatore. D’altronde, come abbiamo visto, annoverava numerosi parenti tra gli amministratori locali. Ciò significa che, in un’epoca in cui le comunicazioni erano affidate alle carrozze a cavalli e ai carri trainati dai buoi, raramente poteva riunirsi ad Olbia con la sua famiglia. Probabilmente, il cavalier Giorgio Bardanzellu era di idee democratiche. Nel 1897 e sino all’avvento del fascismo, infatti, Luras e la Gallura avevano eletto in Parlamento il radicale Giacomo Pala. Giorgio ne doveva condividere le idee politiche e ciò lo deduciamo anche dal fatto che i suoi figli, l’avvocato Battista e il medico Achille avrebbero professato idee repubblicane in piena monarchia e in epoca fascista. Si ricorda di lui che trascorse i suoi ultimi anni impiegando il tempo libero e conversando brillantemente per Corso Umberto I o in Piazza Regina Margherita; ivi esponeva ad amici e conoscenti le sue idee “liberal”, spesso mediando le controversie tra proprietari e i lavoratori agricoli e dilettandosi a ricomporre le inimicizie tra famiglie rivali, grazie anche alla sua esperienza di giudice conciliatore. Quando morì di diabete, a settantuno anni di età, portò con sé il segreto per vivere felice. Il 1° dicembre 1922, il palazzetto di Corso Umberto I subì l’assalto dei fascisti arrivati da Civitavecchia, col piroscafo “Tocra”. In quel palazzo di oppositori al regime e alla monarchia, infatti, cercavano il repubblicano Achille Bardanzellu, per punirlo duramente. Le squadracce fecero prima irruzione nella farmacia al piano terra – dove è attualmente la pizzeria-focacceria “Il panzerotto” – ma vi trovarono solo il dipendente Atzara che fu schiaffeggiato e costretto a consegnare tre bandiere rosse che custodiva nel negozio. Stavano dando l’assalto anche all’abitazione, quando furono “stoppati” dalla coraggiosa Lillina, sorella del medico, apparsa sull’uscio con una pistola in pugno e preferirono desistere. Achille fu però catturato dai fascisti alcuni giorni dopo, alla vigilia di Natale, mentre si stava recando alla stazione a ricevere il futuro cognato Claudio Etzi e costretto con la forza a ingerire l’olio di ricino. La famiglia si riunì al gran completo in un giorno speciale: il contemporaneo matrimonio delle sorelle Lucietta e Lillina Bardanzellu, rispettivamente, con Antonino Leoni di Luras e Claudio Etzi di Cagliari, esattamente il 16 luglio 1923. Antonino Leoni, figlio di Antonio e Lucia Bardanzellu, entrambi di Luras, era cugino di primo grado della sposa. Vivrà anche lui nel palazzetto di Corso Umberto I, sino alla fine degli anni sessanta del XX secolo, divertendosi a polemizzare con il cugino acquisito Battista Mossa. Lillina e Claudio Etzi, medico, si erano conosciuti, con tutta probabilità, nel periodo in cui la sposa si era trasferita a Cagliari per insegnare materie letterarie negli istituti superiori. Per l’occasione erano giunti da Roma anche il fratello Battista, con la moglie Fermina Fenu e l’ottuagenario colonnello Agostino Bardanzellu, fratello maggiore del compianto Giorgio e che vivrà ancora sino al 1931, quando si spense a 91 anni di età. Marietta morì nel 1933 e la gestione della farmacia Tamponi passò alla figlia Ninetta, prima, poi, alla morte di quest’ultima (1951), alla nipote Giorgina Etzi. All’inizio degli anni settanta, la farmacia si trasferì in Viale Aldo Moro, dove è ancora ubicata, con il nome di Farmacia Etzi. Lucietta Bardanzellu, invece, divenne direttrice dell’ufficio postale situato vicino al villino di Corso Umberto I e, precisamente, a fianco dell’attuale biblioteca comunale. Fu una delle prime, se non la prima, direttrice donna di ufficio postale in Sardegna; tra i suoi sottoposti, in ambito lavorativo, c’era anche il marito Antonino Leoni. E’ perita nel 1957, senza lasciare eredi diretti. Al primo piano del palazzetto di Corso Umberto, esercitò il medico Achille, il quale, nel 1939, proprio nel suo studio, rimase invalido alle mani per lo scoppio dell'apparecchiatura radiologica.

Federico Bardanzellu

In copertina: il contestuale matrimonio delle sorelle Lucietta e Lillina Bardanzellu, rispettivamente, con Antonino Leoni di Luras e Claudio Etzi di Cagliari.Olbia, 16 luglio 1923.