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Il castello di Sa Paulazza in una foto ottocentesca di Eduard Toda y Güell

Il castello di Sa Paulazza in una foto ottocentesca di Eduard Toda y Güell
Il castello di Sa Paulazza in una foto ottocentesca di Eduard Toda y Güell
Marco Agostino Amucano

Pubblicato il 17 April 2016 alle 14:06

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Olbia. Uno degli eventi culturali olbiesi più interessanti del 2011 fu senza dubbio la mostra di fotografie dell’illustre catalano Eduard Toda y Güell (Reus 1855-Poblet 1941), viceconsole di Sardegna dal 1884 al 1887. La mostra, dal titolo Uno sguardo catalano sulla Sardegna di fine ‘800, venne egregiamente curata dalla dottoressa Silvia Russu ed allestita nelle sale del Museo Archeologico dal 21 giugno al 3 luglio del 2011, ottenendo un ragguardevole riscontro di pubblico e di interesse dei media.

OLBIACHEFU.bassa

Tra le foto esposte ve n’era una, nemmeno tra le più belle, che nondimeno attrasse particolarmente la personale attenzione. La didascalia originale in lingua spagnola, Las Pedreras –Terranova”, indicava semplicemente un luogo di estrazione della pietra all’interno del comprensorio terranovese. Tuttavia già alla prima osservazione dell’immagine non ci fu difficile riconoscere - al centro dell’inquadratura- una delle torri angolari dell’ormai noto castrum proto-bizantino di Sa Paulazza, e più precisamente della torre “pentagonale” sud-orientale (indicata con “A” nella planimetria riportata), posta nel versante orientale del colle di Monte a Telti o, meglio, di Monti Telti o Terti, che è anche il secondo e più autentico complemento di denominazione del fortilizio.

FIGURA 3 OLBIACHEFU_particolareBASSA-1 Particolare ingrandito della foto precedente

Nella foto ottocentesca si apprezzano chiaramente anche i lati delle cortine murarie meridionale ed orientale, convergenti ad angolo retto verso la torre, i quali mostrano perfettamente conservati i camminamenti di ronda, protetti dai parapetti con merli rettangolari, di cui anche la sommità della torre appare munita.

M Telti torre pentagonale da sopra_BASSA1 La torre pentagonale del castello vista oggi da una prospettiva prossima a quella della foto ottocentesca (foto M. A. Amucano).

Una recente, molto simile inquadratura, che abbiamo scattato da un punto di prospettiva prossimo a quello usato dal viceconsole, conferma senza troppi sforzi quanto appena detto, così come un’altra nostra foto della torre pentagonale del 1990 mostra ancora i merli conservati, purtroppo miseramente crollati due anni dopo.

Diapo 1991f_BASSA-1 La torre pentagonale ("A" nella planimetria) in una foto scattata nel 1990, dove appaiono i merli sormontanti, poi crollati (foto M. A. Amucano).

Colpisce la mancanza di vegetazione sul fianco della collina immortalata nello scatto ottocentesco, e ciò tuttavia non sorprende se pensiamo all’attività dei carbonai nella seconda metà del XIX secolo. Non sorprende nemmeno il titolo che Toda y Güell diede alla foto, considerando che a valle dell’imponente quadrilatero castrense il pietrame di crollo doveva essere ingente e facilmente disponibile dopo il disboscamento. Ci aiuta in questa supposizione il fatto che a partire dal Settecento i ruderi di interi villaggi medioevali abbandonati furono lentamente smontati ed utilizzati come cava di pietrame, esempio per tutti quello del grosso villaggio, appellato Villa Caresos nei documenti basso medioevali, il quale ha dato il nome all’odierna località Caresi, ai piedi di Monte Pinu. Pensate che fra i carrulanti terranovesi che nell’Ottocento facevano la spola tra Caresi ed i cantieri edili di Terranova correva addirittura un detto ironico: “Abba dae su mare, pedras dae Caresi” (acqua dal mare, pietre da Caresi). Ovvio pensare dunque che si saccheggiassero opportunamente anche i pietrami di crollo del castrum, visto che una strada là dietro, sul bordo dalla palude di La Padulaccia, o Sa Paulazza, doveva esserci, aperta, o meglio riaperta, forse dagli stessi carbonai e pastori, e visto anche che il colle Monte a Telti si trova a metà distanza rispetto alla citata località Caresi.

La foto è altresì preziosa in quanto rimarca - se ce ne fosse ancora bisogno - lo straordinario stato di conservazione, ad oggi quasi immutato, di un castrum di quasi millecinquecento anni: infatti esso fu edificato dopo la riconquista della Sardegna del 534 da parte delle armate dell’imperatore romano d’Oriente Giustiniano, allo scopo di difendere la piana ed il centro portuale dalle incursioni violente degli eredi dei Balari e dei Corsi, vecchie conoscenze degli eserciti romani, che tanto dovettero combatterle nei primi secoli dopo la conquista della Sardegna. Tali razzie usavano come percorsi più ovvii quelli della viabilità antica che portava verso l’antica Olbia, il cui nome potrebbe essere stato già mutato in Phausiana ai tempi della vita del castrum. Una di queste strade, la a Karalibus Olbiam per Hafam, che tante e tante colonne miliarie ci ha restituito, passava proprio sotto il versante orientale del colle interessato di Monti Telti. Il fatto che in corrispondenza di questo cadesse il terzo miglio romano a partire da Olbia (cinque chilometri circa), spiega la denominazione antica del complesso fortificato, Castrum tertii, ossia il castello del “terzo”, sottinteso miglio.

©Marco Agostino Amucano

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE SUL CASTELLO

AMUCANO, M. A., Annotazioni preliminari sul castrum di Sa Paulazza (Olbia), in AA. VV., Archeologia del Territorio. Territorio dell’Archeologia, (R. Caprara, A. Luciano, G. Maciocco curr.), Sassari 1991, pp. 151-160.

AMUCANO, M. A., Osservazioni preliminari sulle fortificazioni altomedievali nell’area nord-orientale della Sardegna, in Atti del convegno: Archeologia castellana nell’Italia centro-meridionale. Bilanci e aggiornamenti (Roma, CNR, sala Marconi, 27-28 novembre 2008).

AMUCANO M. A. , Olbia, Phausiana, Africani iudices. Viabilità e limites nel comprensorio olbiese fra tarda antichità ed età proto-bizantina: nuove acquisizioni e ipotesi preliminari, inAtti del Convegno Internazionale "L'Africa romana", XVII, (Sevilla 2006), Roma 2008, pp. 1831-1854.