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Cronaca

Ospedale Olbia: distributori in blocco e nessuna assistenza, la ASSL non risponde

Ospedale Olbia: distributori in blocco e nessuna assistenza, la ASSL non risponde
Ospedale Olbia: distributori in blocco e nessuna assistenza, la ASSL non risponde
Angela Galiberti

Pubblicato il 21 January 2018 alle 13:08

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Olbia, 21 gennaio 2018 - I motivi per frequentare un ospedale sono tanti: andare a trovare un parente malato, la nascita di un figlio o di un nipote, un intervento chirurgico, ottenere una diagnosi. Non importa quale sia la ragione che ti porta in un nosocomio: prima o poi potresti sentire il bisogno impellente di mangiare o bere una cosa veloce e a salvarti, in corsia, saranno i distributori automatici di snack e bevande sistemati all'ingresso di ogni reparto.

Tali distributori, però, possono creare qualche piccolo contrattempo come è accaduto a M.S., cittadino olbiese, che si trovava al Giovanni Paolo II per visitare una parente nel reparto maternità. La vicenda risale alla fine di luglio 2017, ma emerge solo ora poiché M.S. ha aspettato sia una risposta dell'azienda sanitaria, sia la risoluzione del problema riscontrato: vale a dire la mancanza di una procedura scritta nel caso il distributore si blocchi e non consegni il prodotto, il resto o il denaro inserito. Un problema di primo acchitoquasi senza importanza (del resto parliamo di cifre trascurabili), ma che diventa importante se si valuta il fatto con una prospettiva globale, sui "grandi numeri", e indirizzata all'interesse del cittadino (in questo caso un'utenza "sensibile", poiché parliamo di pazienti e loro familiari).

Il cittadino ha raccontato, con una mail indirizzata alla Assl di Olbia, quanto sarebbe successo in data 31 luglio 2017: il desiderio di un po' d'acqua fresca per i parenti, l'inserimento delle monete, il distributore che si blocca. Una situazione piuttosto diffusa in tutto il globo terracqueo e per nulla straordinaria. "In data odierna (31/07/2017 ndr) il sottoscritto si è recato presso la macchinetta del piano primo vicino al reparto maternità, trovandolo completamente sprovvisto di acqua mi sono recato al piano secondo presso altro distributore dove ho notato una coppia (la donna era in sedia a rotelle) che provava a prelevare prodotto ma (apparentemente) senza successo. Ho inserito 60 centesimi per prelevare una bottiglia d'acqua che si è purtroppo messa di traverso prima ancora di finire nel vano atto al ritiro, ho quindi deciso di ripetere l'operazione e così facendo sono riuscito a far cadere i prodotti nel vano che però non si apriva. Ho notato che un pezzo della macchina aveva una posizione non naturale, né aperta né chiusa, perciò ho provato a risolvere selezionando una terza bottiglia che è immediatamente finita nel vano ma anche in questo caso quest'ultimo non si apriva. Sotto consiglio di un dipendente del reparto vicino (per niente sorpreso della situazione) mi sono recato dal responsabile del servizio,non avendo identificato né un numero né istruzioni atte alla risoluzione del problema", si legge nella mail inviata all'Azienda sanitaria.

Secondo quanto riportato dal cittadino nella lettera inviata alla Asl, all'atto di chiedere la procedura da utilizzare in questi casi, il responsabile del servizio avrebbe risposto in modo "sgarbato" davanti a decine di persone e il cittadino non avrebbe ottenuto le informazioni richieste e sarebbe stato accusato di dover risarcire il disturbo: "Restando calmo ma molto infastidito, ho detto che potevo anche passare l'indomani se necessario dando il tempo di risolvere (bastava aprire con la chiave lo sportello della macchinetta) e che volevo sapere solo quale fosse la procedura da seguire ma, dato l'atteggiamento, per una questione di principio il responsabile del servizio DOVEVA fornire una soluzione qualsiasi al problema non dovuto alla mia persona. Per tutta risposta il signore ha detto che se avesse inviato un suo dipendente o se fosse venuto lui a prelevare i prodotti o recuperare le monete inserite lo avrebbe fatto solo a titolo di "favore"".

Il cittadino - sempre secondo la sua versione - non avrebbe ricevuto il rimborso, ma avrebbe pagato le bottigliette d'acqua nuovamente presso il bar e ad un prezzo maggiorato. Dopo aver parlato con il banco accettazione, l'olbiese ha scritto direttamente all'Azienda sanitaria, segnalando così quanto avvenuto, senza però ricevere una risposta formale per iscritto.

Lo scopo della missiva firmata da M.S. non era solo segnalare il disguido e la spiacevole esperienza, ma anche sottolineare due fatti importanti: il primo è che il Giovanni Paolo II è un luogo pubblico e anche se il servizio è dato in appalto a una ditta esterna, questa dovrebbe fornire agli utenti la procedura da seguire in caso di problematiche legate ai distributori: non si può pensare che un malato o un suo parente, all'interno di un ospedale pubblico, debba peregrinare alla ricerca di un'informazione che dovrebbe essere a portata di mano; il secondo è che l'ospedale è frequentato da migliaia di personeogni giorno che, senza informazioni, rischierebbero potenzialmente di lasciare nelle macchinette tanti soldini.

Quale cittadino, infatti, girerebbe tutto l'ospedale per capire come recuperare 60 cents mentre il suo parente sta male o partorisce? Quasi nessuno, perché la cifra singola è infinitesimale: la prospettiva, però, cambierebbe se - in linea puramente teorica -sommassimo tutti i 60 centesimi potenzialmente "abbandonati" nell'arco di un anno a causa di un blocco (che può capitare, del resto parliamo di macchine costantemente utilizzate e dunque sottoposte a stress meccanico).

A qualche mese dal fatto, siamo tornati così all'interno del Giovanni Paolo II per verificare se la segnalazione è andata a buon fine e se i distributori, oggi, presentano le informazioni necessarie in caso di problematiche. La verifica di Olbia.it è stata tripla: una nell'autunno scorso, la seconda in data 14 gennaio 2018 e la terza in data 20 gennaio 2018.

Ci siamo recati materialmente all'interno del nosocomio olbiese, durante gli orari delle visite, e abbiamo controllato alcuni distributori automatici. In particolare, abbiamo preso in esame le macchine situate nel Padiglione D1 nei piani primo, secondo e terzo: una macchinetta di fronte alla Medicina Interna AIC, una davanti alla Pediatria e una davanti a Chirurgia/Ortopedia. In tutte e tre le nostre visite, i distributori non hanno presentato alcuna istruzione visibile per recuperare eventuali prodotti/soldi bloccati all'interno della macchinetta.

Abbiamo guardato le macchinette su tre lati: anteriore, laterale sinistro e laterale destro, ovvero i lati facilmente raggiungibili da chiunque a prescindere dalla sua altezza o condizione fisica. A conti fatti, la situazione - prendendo in esame esclusivamente le tre suddette macchinette - non sembrerebbe essere cambiata in questi sei mesi nonostante la segnalazione.

È chiaro che l'Azienda sanitaria, in caso di problematiche ai distributori, sa a chi rivolgersi e lo può fare velocemente, facendo valere il contratto stipulato con l'azienda concessionaria; ed è anche chiaro che il campione preso in esame nella nostra verifica è relativamente parziale rispetto alla grandezza del nosocomio olbiese: ciò che a noi preme sottolineare è che anche l'utenza avrebbe diritto di sapere in modo semplice e immediato come recuperare (se lo vuole, ovviamente) i 60 cents inseriti o la bottiglietta incastrata. Magari non è un obbligo di legge e non è previsto nel capitolato d'appalto, ma crediamo che un servizio pubblico debba venire incontro al cittadino anche per semplice senso civico e in cose apparentemente piccole come queste.