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Cronaca

Dal Kurdistan a Olbia per la libertà: ecco la storia di Haci ed Hemine

Dal Kurdistan a Olbia per la libertà: ecco la storia di Haci ed Hemine
Dal Kurdistan a Olbia per la libertà: ecco la storia di Haci ed Hemine
Dénise Meloni

Pubblicato il 14 July 2017 alle 12:40

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Olbia, 15 luglio 2017 - Gli olbiesi che frequentano il centro storico e i suoi locali hanno certamente notato la piccola 'gastronomia' che, da un anno a questa parte, campeggia davanti alla piazza con le sue sedie arancioni. Un piccolo posto, praticamente a gestione familiare, che a prima vista sembra il 'solito' kebabbaro, ma che a una visione più attenta nasconde una grande storia di speranza legata a un popolo antico e perseguitato.

La piccola gastronomia è il sogno di libertà di Haci ed Emine: una giovanissima coppia curda che, in questo piccolo locale di Olbia, prepara e serve agli avventori tante specialità curde. Dietro i samosa, il bulgur, gli involtini con la foglia di vite si nasconde una storia di lotta, di sofferenza e di sopraffazione. Haci, un giovane dal sorriso gentile, parla tante lingue anche se con l'italiano ancora incespica un po': la sua voglia di farsi capire e di comunicare, però, è tanta. Si tratta di un retaggio della sua vita in Turchia sotto il regime di Erdogan, quando con il suo lavoro di giornalista cercava di raccontare i soprusi patiti dal suo popolo: un popolo perseguitato, senza Stato e senza diritto alla specificità etnica e culturale.

Per anni, Haci ha raccontato la violenza etnica patita dai curdi in Turchia e alla fine il suo lavorodi giornalista lo ha messo nei guai: nel 2009 lui e i suoi colleghi sono stati condannati a 70 anni di carcere per via dell'attività di divulgazione. "Sono venuti a prenderci nel 2009 - racconta Haci -, ma io sono riuscito a fuggire prima in Serbia, poi in Bosnia e infine in Italia dove ho chiesto e ottenuto asilo politico".

Haci come unica colpa ha quella di aver collaborato per due anni, facendo un lavoro perfettamente legale, in un giornale curdo. Per colpa di questo lavoro, la famiglia del giovane curdo-olbiese ha pagato un prezzo altissimo:"Mio padre ha trascorso due anni in carcere senza una vera ragione, poi è riuscito a scappare in Germania - continua Haci -.Lui lavorava al DEP (Partito democratico della Turchia) ma il nome non deve trarre in inganno, si chiama partito democratico della Turchia perché chiamarlo partito democratico del Kurdistan è illegale".

Dopo una fuga rocambolesca, Haci nel 2016 è approdato ad Olbia e in società con Gunus Mucedin ha aperto lo Zaza donar Kebab, locale presente anche a Cagliari. Nonostante la gastronomia impegni moltissimo Haci e la sua giovane moglie, il suo pensiero è rivolto costantemente verso la causa curda e il suo popolo. "Io sostengo Ocalan (leader della causa curda in carcere dal 1999, ndr). Lui è un grande pensatore,comunica con noi dal carcere tramite i libri che scrive. La mia lingua sta morendo, la mia cultura sta morendo e per me è diventato di vitale importanza tramandarla, e quando il popolo curdo sarà libero, tornerò a casa". Insomma, a Olbia Haci si trova bene, ma il suo cuore rimane indissolubilmente legato al Kurdistan.

La Turchia, oggi, sta attraversando uno dei periodi più difficili e bui della sua storia. Benché Erdogan sia stato confermato con il 51% dei voti come Presidente, rimane un capo di stato discusso, criticato e fondamentalmente dittatoriale. La Turchia di Kemal Ataturk,'democratica' e filo-occidentale, non esiste più: esiste la Turchia dell'Islam radicale, della libertà di stampa violata, nel negazionismo sul genocidio armeno (per la verità mai eliminato); è la Turchia delle cariche sui giovani manifestanti, dell'islamismo strisciante e della costante violazione dei diritti umani.

L'aspetto religioso, per il 'sultano' Erdogan, è fondamentale: egli stesso ha più volte dichiarato che l'islam moderato, cioè quello normale, non esiste perché l'islam è uno solo. Cosa storicamente inesatta perché ci sono tantissimi tipi di islam, esattamente come nel cristianesimo. La causa curda viene legata a doppio filo con questo modo assolutistico di vedere la religione, poiché Ocalan - dal carcere - ha impresso una svolta progressista e femminista al suo popolo. Una scelta, questa, sostenuta da Haci. "Io pratico l'islam - rivela Haci -,ma questo non ha niente a che vedere con la causa kurda né con la condizione femminile. Per me la donna curda deve essere libera ed emancipata, può studiare, lavorare e avere la vita che desidera. A mia moglie non do nessun ordine, lei non è sotto di me, noi stiamo insieme, è una mia pari. La religione non c'entra nulla, è una scelta personale. Solo col socialismo la causa curda può andare avanti, non certo con la religione. Noi siamo contro il fascismo e contro l'oppressione di tutti i popoli della Mesopotamia. Solo in Turchia ci sono 25 milioni di curdi, ad Istanbul sono 5 milioni, in tutta la Mesopotamia i curdi sono ll'85%".

La passione politica di Haci è evidente, ma la vita in Sardegna lo ha rasserenato tantissimo. "I sardi mi piacciono tanto- dice sorridendo Haci -.Mi ha colpito la somiglianza con il nostro popolo: le tradizioni, i balli, i colori sono molto simili a quelli del Kurdistan. Qui ad Olbia sono felice, ma mi manca il mio paese. Vorrei far conoscere la cultura curda agli olbiesi perché è una cultura antica e allo stesso tempo aperta. Vorrei organizzare delle manifestazioni e una festa. Se ottengo il permesso, mi piacerebbe organizzare il Newroz e fare un gemellaggio con la cultura sarda. E vorrei che partecipassero i partigiani che ormai non combattono più, che sono andati via dal Kurdistan e che hanno tanto da raccontare. Credo alla libertà del Kurdistan- conclude Haci -e vivo per questo, tutto quello che faccio è per il Kurdistan. Con la mia attività propongo la cucina tradizionale del mio paese, partendo dal bulgur, la sorma, i felafel e il kisin. L'attività sta andando molto bene, gli olbiesi sono gentili e spero di riuscire ad avvicinarli alla cultura kurda anche tramite la mia cucina".

L'oppressione dei curdi dura ormai da troppo tempo e risulta irrazionale che Usa, Nato e Unione europea ritengano la resistenza curda, personificata dal PKK, un'organizzazione di tipo terroristico soprattutto adesso che gli atti violenti sono terminati ed è stata impressa una svolta riformista. I curdi stanno lottando per non perdere la loro identità e per non essere dimenticati. Il popolo curdo desidera la pace e il rispetto della sua identità. In questi giorni, l'ufficio stampa delle forze di difesa del popolo, l'HPG, ha pubblicato una dichiarazione in cui viene segnalato che le operazioni militari condotte dall'esercito turco continuano ad aumentare.