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Cronaca

Olbia, città senza identità: viaggio nelle incompiute della cultura

Olbia, città senza identità: viaggio nelle incompiute della cultura
Olbia, città senza identità: viaggio nelle incompiute della cultura
Angela Galiberti

Pubblicato il 12 April 2015 alle 17:02

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Olbia, 12 Aprile 2015 - Come raccoglierà la città di Olbia la sfida globale del turismo? Su quali parole d'ordine dovrà puntare? Quali sono e saranno in futuro i suoi punti di forza per sbaragliare una concorrenza sempre più agguerrita anche all'interno della stessa Sardegna? Se la crisi economica ci ha messo del suo, lo stesso si può dire della politica inconcludente che per 10 anni ha governato la città felice.

Olbia, la locomotiva accogliente e sempre un passo avanti, mostra rughe sempre più profonde sul suo viso. E' una città senza identità, senza simboli, senza più quella voglia di crescere che l'ha sempre contraddistinta. Il modello mattone-ad-oltranza è giunto al capolinea e oggi, quella sciagurata scelta di puntare tutto sull'edilizia, mostra il conto (salatissimo) da pagare: infrastrutture inadeguate, migliaia di appartamenti vuoti e invenduti, disoccupazione a livelli altissimi, pochissimi spazi pubblici e 17 piani di risanamento (cioè 17 quartieri abusivi da mettere in regola causa condono).

La ciliegina (col baco) su questa torta (un po' inacidita) è rappresentata dalla cultura: quella cosa che, generalmente, contribuisce a rafforzare o costruire una identità popolare e/o cittadina. Olbia, confrontata ad altri esempi isolani - come ad esempio Alghero e Cabras - ne esce con le ossa rotte. Non perché non abbia qualcosa da mostrare, ma perché fa di tutto per non valorizzarla. Nella città dell'imprenditorialità, parlare di cultura sembra quasi una bestemmia, eppure la cultura crea molti posti di lavoro e crea soprattutto indotto turistico. Ad Alghero e Cabras, che non hanno la Costa Smeralda sul pianerottolo, riescono a valorizzare ogni piccolo pezzetto di passato, rendendolo meta di pellegrinaggio e fascinazione popolare. A Olbia abbiamo il museo più ricco d'Italia di navi antiche... e non lo sa nessuno: nemmeno gli olbiesi. Evidentemente qualcosa non va.

La cultura: quello che funziona. Partiamo da ciò che funziona, perché non tutto è da buttara via. La Biblioteca Simpliciana, dopo "secoli" di silenzio, è tornata a nuova vita grazie al nuovo direttore. Il dottor Marco Ronchi ha portato una ventata di aria fresca nella Biblioteca comunale, fondata dall'indimenticato Alfonso De Roberto, e l'ha trasformata nel punto culturale di riferimento della città con eventi, servizi e concorsi. Un plauso va all'intera struttura, che ha dimostrato che nel pubblico non ci sono solo sprechi. Accanto alla Biblioteca, funzionano - e molto bene - le associazioni olbiesi che si occupano di arte, cultura, cinema. Un esempio per tutti: gli Argonauti con il Politecnico e La Società dello Stucco: tra corsi di fotografia e festival cinematografici, ce n'è davvero per tutti i gusti. Una menzione particolare va al Cinema Olbia che dà spazio a iniziative culturali come L'Altro Cinema e la Stagione di Prosa organizzata dalla Cedac. Funzionano - benissimo - l'Area Marina Protetta di Tavolara Punta Coda Cavallo e il Parco Fluviale del Padrongianus (quest'ultimo finché ha funzionato). E ora passiamo a ciò che non funziona o potrebbe funzionare meglio.

La cultura delle celebri incompiute: Il Museo Peddone.

Il territorio olbiese (e del vicino hinterland) è ricchissimo di storia, di angoli incantevoli, di leggende e reperti archeologici. Persino l'Isola di Tavolara può vantare antichissime testimonianze del passato. Eppure, tutto questo "ben di Dio" non genera alcun indotto economico. Sono pochissimi i turisti che vengono appositamente ad Olbia per le sue testimonianze storiche. Chi si avvicina ai siti di interesse culturale olbiesi generalmente lo fa perché è di passaggio, non perché ne vale la pena. Questo è il frutto di decenni di politiche miopi per le quali la cultura è sempre stata un fastidio o, peggio, un qualcosa per pochi eletti.

L'esempio di Cabras e dei Giganti di Mont'e Prama fa comprendere che la cultura - quando è valorizzata - diventa necessariamente cosa del popolo e contribuisce a rafforzarne l'identità sociale. Il Museo di Cabras è meta di un vero e proprio pellegrinaggio di grandi, giovani, bambini e anziani provenienti da ogni angolo di Sardegna. Qualcuno potrebbe obiettare che i Giganti sono un unicum: quel qualcuno non sa che anche Olbia ha il suo unicum.

Il Museo Archeologico Peddone offre al visitatore la più importante collezione pubblica di relitti di navi e relativi alberi e timoni. Di più: è il più importante museo italiano per le navi e l'unico al mondo per timoni e alberi di età romana. Il Museo Peddone è stato ideato dall'architetto Vanni Maciocco, il suo progetto risale al 1987 e i politici promotori sono stati Gian Piero Scanu (sindaco) e Antonio Satta (presidente del consorzio industriale). Per costruire questo museo ci sono voluti 29 miliardi di lire (fonte: La Nuova Sardegna), nonché una lunga via Crucis tra finanziamenti da ottenere, lavori infiniti, contenziosi, arredi da comprare. All'epoca della primissima inaugurazione, nel 2004, le navi non c'erano ancora e non c'erano nemmeno le teche per l'esposizione dei reperti.

A 11 anni da quel primo taglio del nastro, fatto da Settimo Nizzi e Beppe Pisanu, il Museo Peddone è ancora una incompiuta. Quei 29 miliardi di lire spesi, negli anni, per la creazione di questa monumentale costruzione sull'acqua si sono infranti su un ponticello: quello che collega l'isola Peddone alla terra ferma. Un piccolo lembo di cemento che, non essendo a norma, impedisce la dichiarazione di agibilità a tutto l'edificio e dunque impedisce la sua messa a bando a livello europeo. Una faccenda, questa, da poche migliaia di euro che non è mai stata risolta da nessuna amministrazione. Questo non trascurabile particolare rende il Peddone completamente abbandonato a sè stesso. Non può entrare in nessun circuito nazionale o regionale per ottenere finanziamenti, non è gestito da una società specializzata, non è il fulcro dell'attrazione turistica del territorio.

Il Museo Archeologico ospita concerti, convegni, mostre pittoriche, gli uffici dell'Assessorato alla Cultura e l'Informa Giovani: fa di tutto, ma non ciò per cui è stato costruito. A tutto questo bisogna aggiungere altri "particolari". L'ingresso principale non si può usare a causa di alcune infiltrazioni d'acqua che hanno rovinato il parquet. Le teche, seppur belle, sono di difficile "lettura" perché le didascalie non accompagnano i reperti: bisogna cercare il numeretto, nemmeno fosse una caccia al tesoro. Non ci sono guide specializzate e appassionate: solo delle audioguide, che per quanto ben fatte (e lo sono) non possono sostituire la presenza di un professionista del settore qualora ce ne fosse bisogno. E per professionista non intendiamo anonimi volontari di qualche associazione culturale, ma personale qualificato nel settore turistico e nella gestione museale. Magari proprio quelle figure formate dalla Regione Sardegna diversi anni fa con dei corsi ad hoc svolti ad Olbia, precisamente all'Aeroporto Costa Smeralda. Giovani appassionati e preparati in attesa di un bando che non arriva mai.

Tutto questo non vuol dire che il Museo Archeologico non è visitato e non è fruibile. Il Museo Peddone è aperto e visitabile: non c'è nemmeno il biglietto da pagare (altra anomalia). Molti visitatori arrivano al museo grazie all'Ufficio Turistico Comunale che fa carte false pur di spedire i turisti nel nostro scrigno delle navi romane. Di più: secondo gli operatori dell'Ufficio turistico, chi conosce il Peddone ci va soprattutto per il suo progettista Macciocco. Decine di architetti arrivano ad Olbia desiderosi di guardare l'opera del loro collega. Un'opera unica, una vera nave sull'acqua, che custodisce tesori preziosi: la palazzina del Genio Civile, le navi romane, ceramiche antiche e un pezzettino del Planetario di Archimede. Insomma, Olbia ha difficoltà a valorizzare quel che ha, anche se è grande quanto una palazzina.

Alla fine di tutto questo excursus poniamoci questa domanda: quanto è il gettito economico che manca all'appello per la mancata valorizzazione di questo settore? Per ora non lo sappiamo, intanto continueremo ad indagare sugli altri luoghi della cultura potenziali o effettivi: il teatro Michelucci, l'Expò, la casetta rossa, l'ex mattatoio di via Roma e i siti di interesse storico.