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Canali scolmatori: in consiglio comunale va in scena la proposta dello Studio Equipe

Canali scolmatori: in consiglio comunale va in scena la proposta dello Studio Equipe
Canali scolmatori: in consiglio comunale va in scena la proposta dello Studio Equipe
Angela Galiberti

Pubblicato il 17 February 2015 alle 12:17

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Olbia, 17 Febbraio 2015 - Il dibattito su come salvare la Città di Olbia da una possibile nuova alluvione continua. Ieri sera, il consiglio comunale di Olbia - in seduta informale aperta - ha ascoltato, per la prima volta, la seconda proposta per mitigare il rischio idrogeologico: quella redatta dallo studio Equipe. La proposta dello studio Equipe: un ombrello di canali scolmatori per salvare la Città. La proposta/osservazione avanzata dallo Studio, Equipe diretto dal geometra Andrea Demuru, è completamente diversa da quella approvata dal Consiglio Comunale che, per semplificare, chiameremo "studio Mancini". Il geometra Demuru, coadiuvato da un geologo e da un ingegnere idraulico, ha pensato di salvare Olbia con un ombrello di canali scolmatori. Lo scopo di questi canali è quello di raccogliere l'acqua del bacino imbrifero olbiese e di portarla fuori dalla città. Nel corso dei mesi, questo progetto ha subito delle modifiche in base anche agli studi fatti dallo stesso studio Equipe. All'inizio era previsto un unico canale scolmatore, ma adesso i canali scolmatori sono due e sono previste altre opere idrauliche all'interno della città. Il primo canale scolmatore si chiama "Santa Lucia" (2 km circa) e, collegandosi al Rio Maronzu, porta l'acqua in eccesso nel Golfo di Cugnana. Il secondo canale scolmatore (6 km circa) si chiama "Giovanni Paolo II", raccoglie l'acqua in eccesso del Seligheddu collegandosi al Padrongianus che andrà a sfociare nel Lido del Sole. Questo secondo canale corre per la maggior parte del suo percorso sotto terra con una galleria simile a quella che si sta costruendo a Genova (vedi foto di copertina). I fiumi olbiesi interessati da questa deviazione continueranno, però, a far scorrere un po' di acqua per non alterare gli equilibri ambientali del Golfo interno. Accanto a questi scolmatori, lo studio Equipe ha previsto dei lavori nell'Ansa Nord e nell'Ansa Sud per eliminare gli ostacoli presenti alla foce del Gadduresu e del San Nicola-Zozzò. Per quanto riguarda i detriti che l'acqua si porta dietro, lo Studio di Andrea Demuru ha pensato ad un sistema di trattenimento a monte in coincidenza con le intersezioni tra i canali scolmatori e i fiumi. La reazione della politica olbiese che ha già approvato lo Studio Mancini. La reazione dei politici olbiesi, chiamati dall'elettorato a decidere del destino della città, è stata piuttosto freddina. In questi mesi, lo studio Equipe ha presentato più volte al pubblico questa idea progettuale esponendosi anche alle domande dei cittadini con grande umiltà e passione. In tutte queste riunioni pubbliche nessuno della Giunta o della maggioranza si è mai visto - eccezion fatta per Gianni Urtis del Centro Democratico, oggi fuori dal consiglio comunale. Fondamentalmente la politica olbiese ha rigettato le accuse di "indifferenza" nei confronti di questa proposta progettuale e ha ringraziato gli specialisti dello Studio Equipe per aver avanzato questa proposta.

Il vero dibattito tra la Proposta Scolmatori e lo Studio Mancini: una occasione mancata per fare chiarezza. In tutta questa storia manca un dato fondamentale: la chiarezza nei confronti dei cittadini. E' vero: la materia è molto complicata. La stragrande maggioranza dei cittadini, ma anche dei consiglieri comunali, non ha gli strumenti per capire chi ha - per così dire - ragione tra il geometra Demuru e l'ingegner Mancini. A livello puramente tecnico, solo gli ingegneri idraulici e i geologi possono analizzare queste due proposte con cognizione di causa. Questo, però, non vuol dire che i cittadini debbano rimanere all'oscuro o non essere aiutati a capire perché quella data proposta progettuale è migliore di quest'altra. Lo Studio Mancini, che è una poderosa analisi tecnica sul territorio olbiese, è stato tenuto "segreto" praticamente fino alla sua approvazione. E' vero che per arrivare all'approvazione di una Variante al Pai c'è una procedura tecnica molto rigorosa e che le sedi deputate per queste discussioni e approvazioni non sono certo le assemblee pubbliche. Però, un qualche dibattito si poteva anche fare per informare la popolazione. Intanto, però, ieri sera si è avuto un primo "scontro" tra le due proposte in campo. L'ingegner Marco Mancini era presente alla presentazione e non ha mancato di prendere la parola. Il professor Mancini ha detto, chiaro e tondo, che certe valutazioni si possono fare solo sui numeri e che, personalmente, non è contro l'ipotesi di un canale scolmatore. L'ingegner Mancini ha poi risposto ha una domanda dietta da Gianni Urtis, il quale ha chiesto se l'ipotesi da lui studiata è effettivamente la migliore possibile per salvare la città "Sono stati analizzati i possibili sviluppi urbanistici di costruzione della città - ha detto il professor Marco Mancini -. Abbiamo fatto un'analisi dettagliata che mi ha portato, insieme al gruppo e al tavolo tecnico, a dire che sì questa soluzione prospettata è la migliore per la città di Olbia". Rivolgendosi allo studio Equipe, il professor Mancini ha fatto alcuni appunti alla Proposta Scolmatori: "Bisogna tenere presente che le masse di acqua camminano col pelo libero. Inoltre osservando le portate degli scolmatori si nota che manca la copertura del San Nicola e del Gadduresu. Dite anche che vanno salvate le opere presenti via Petta e in via Galvani, ma quelle sono opere improprie che vanno tolte". Insomma, materiale di discussione ce n'è in abbondanza.

Il vecchio Pai e le domande che, finalmente, trovano risposta. La parte più interessante del dibattito, ovviamente iniziato a un orario improponibile, ha riguardato il vecchio Pai: quello che indicava come sole aree a rischio le parti finali dei canali San Nicola, Gadduresu e Seligheddu, tralasciando del tutto la parte periferica della città che poi è finita sotto l'acqua. A sollecitare chiarimenti è stato sempre Gianni Urtis che ha chiesto al dottor Mancini "perchè nel vecchio Pai le superfici colpite sono rimaste sbagliate?". Qui le cose si sono fatte molto interessanti perché sia il dottor Marco Mancini, sia il geologo Giovanni Tilocca hanno ben spiegato cosa non ha funzionato nella redazione del Pai. "Ho curato la direzione scientidifica del Pai e poi l'approfondimento del piano fasce fluviali. In quel caso facevo il professore dando delle direttive - ha spiegato il professor Marco Mancini -. La parte tecnica sul campo era composta da una serie di gruppi di lavoro. A Olbia, noi abbiamo fatto una ricognizione presso i geni civili rispetto alle aste fluviale individuate e abbiamo verificato se tutto corrispondeva alle criticità. Questo lavoro è stato fatto e in seguito sono arrivate delle posizioni. Dopo di che lo studio è andato avanti e il Seligheddu non c'era, mentre si parlava solo del San Nicola. Sul Padrongianus abbiamo fatto la prova di studio del piano fasce. Abbiamo fatto delle conferenze programmatiche e anche lì è venuto fuori che i corsi d'acqua considerati come tali erano solo il padrongianus e il San Nicola". Insomma, in parole povere non era il gruppo guiato da Mancini a prendere le decisioni vere, quelle che contano.

A entrare nel dettaglio, con parole pesanti come macigni, è il dottor Giovanni Tilocca, geologo. "Questa era una domanda a cui bisognava rispondere subito. Vorrei fare outing. Io ho redatto la parte geologica di quel lavoro - ha detto Giovanni Tilocca alla platea -. Una buona parte di criticità idraulica venne reperita dal sottoscritto e venne data allo specialista idraulico per fare la perimetrazione delle aree. Come mai le zone rilevate nel 2003 non sono state calate nella mappatura? Noi guardammo il Gadduresu, ma entrò solo la parte dalla zona tombata fino a confluenza con il Seligheddu". Tilocca, a questo punto, ci va giù pesante. Le sue parole, pesate e controllate, fanno intuire che ad un qualche livello della catena di conferenze, gruppi di lavoro e così via, qualcosa - diciamo così - si è "inceppato".

"In zona H4, mappata come tale, è stato poi edificato un albergo e non capisco come mai - ha continuato il geologo Tilocca -. Olbia è stata battuta tutta, compresa la zona industriuale. Sottolineo che il lavoro sul campo è durato 4/5 mesi. Quelle operazioni su Olbia furono fatte a consuntivo del lavoro, quando la Regione stava decidendo di chiudere ilt utto. Attenzione. Nelle conferenze di servizi fatte per rendere pubblico il lavoro, nell'agosto 2002, non c'erano tutti i comuni presenti. Il comune di Olbia venne, me lo ricordo, con il suo dirigente e il progettista. Budoni non venne, San Teodoro non c'era. Nel 2002/2003 questa sensibilità non c'era. Aggiungo che la regione fino al 2000 parlava di crisi idrica. Il problema di controllare l'acqua come pericolo se l'è preso dopo Sarno, con la normativa nazionale. Per il resto l'attenzione politica/mediata/tecnica era solo per la siccità. Tornando a noi, chiedemmo ai geni civili quali aree inserire nello studio. In quel periodo Olbia non c'era. Esisteva solo come Seligheddu... il quale è entrato da mappare in modo solo geomorfologico e non idraulico. Chiedemmo ai geni civili... ci dissero occupatevi del San Nicola. Che cosa voglio dire? Dico che l'attenzione non era quella giusta. La domanda che faccio è perchè coloro i quali avrebbero potuto dire "non avete inserire il gasdduresu?" non si sono mossi in quella fase? Era in uella fase che bisognava agire".

Insomma, i fiumi furono studiati, ma non entrarono nella mappatura del Pai. Almeno, così sembra di capire dalle parole del geologo Tilocca. In ogni caso, qualcosa evidentemente non ha funzionato 10 anni fa e a farne le spese sono stati i cittadini. Quelli che, da mesi, chiedono un dibattito pubblico su questa tematica.